La duplice richiesta avanzata al “Signore Dio nostro” nella preghiera della Colletta (“concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare tutti gli uomini con la carità di Cristo”) riguarda i fondamentali della vita cristiana, dell’esistenza di un credente cristiano. Il cristiano non è una persona genericamente religiosa, credente in un Essere superiore, ma una persona che riconosce al Dio rivelato da Gesù il “primato” nella propria esistenza rispetto ad altro e ad altri, un riconoscimento non tanto nominale, ma nei fatti, nell’adesione piena a lui (“con tutta l’anima”), un’adesione che si concretizza nell’ascolto obbediente della sua parola e nella fiduciosa adesione alla sua volontà (come ripetiamo nella preghiera propria del cristiano, il “Padre nostro”: “sia fatta la tua volontà”).
Il cristiano non è nemmeno una persona che ama genericamente e selezionando le persone, che identifica l’amore con un sentimento, con una emozione, ma una persona che ama, tuti e non solo qualcuno, “con la carità di Cristo”.
E’ l’apostolo Paolo nel testo della prima lettera ai cristiani di Corinto, proclamato nella seconda lettura (1Cor 12,31-13,13), a illustrarci, pur senza parlarne esplicitamente, come si esprime la carità di Gesù. Paolo ricorda ai Corinti e a noi che la carità è il dono (carisma) più duraturo (“la carità non avrà mai fine”) e più grande rispetto alla fede e alla speranza (“ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità”); segnala poi che senza la carità le nostre conoscenze e quanto sappiamo fare, non servirebbero a nulla (“Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe”), che senza la partica della carità noi saremmo “come un bronzo che rimbomba e come un cembalo che strepita”. Proseguendo, l’Apostolo chiarisce che cosa non è la carità (“non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia di orgoglio”), che cosa non fa la carità (“non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia”). Finalmente indica che cosa è la carità (“è magnanima [ha un cuore grande], è benevola [persegue il bene]”), come opera la carità (“si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”).
Se avessimo la pazienza di scorrere il racconto che i vangeli fanno dell’esistenza di Gesù vi ritroveremmo i tratti della carità illustrati nel testo dell’apostolo Paolo.
Un duplice suggerimento. Il primo: non cedere alla considerazione di ritenere impraticabile da parte nostra quanto abbiamo chiesto nella preghiera (amare Dio con tutta l’anima e amare tutti gli uomini con la carità di Cristo). E’ ancora l’apostolo Paolo a venire in nostro aiuto, quando scrive in un’altra lettera che “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Si tratta allora di assecondare questo amore, di lasciarci guidare da questo amore nella nsotra vita.
Il secondo suggerimento: verifichiamo la qualità delle nostre relazioni, se sono alimentate dalla “carità di Cristo”, per individuare nei nostri sentimenti, nei nostri progetti e nelle nostre azioni quanto va corretto perché resta distante da questa carità e quanto va confermato, irrobustito perché conforme alla carità. A conclusione dell’indagine chiedere nuovamente al Signore Dio nostro di aiutarci ad amare tutti con la carità di Cristo.