Lettera Pastorale “La fede è un cammino, un cammino di adesione al Vangelo” (Natale 2012)

Senigallia, Natale 2012

La fede è un cammino, un cammino di adesione al Vangelo.

Lettera del Vescovo Giuseppe Orlandoni sulla fede
in occasione della visita e benedizione delle famiglie

Care sorelle e cari fratelli che vivete nella nostra diocesi, mi permetto di entrare in punta di piedi nelle vostre case grazie a questa lettera che i sacerdoti porteranno nella vostra abitazione durante la benedizione pasquale. Conosco le gioie e le fatiche della vostra vita, soffro con voi e gioisco con voi per gli avvenimenti della vostra esistenza. Vorrei dirvi che Dio ci ama e che la fede ci permette di accogliere questo suo immenso amore.
Da alcuni mesi la nostra diocesi ha concluso il Sinodo diocesano che ci ha tenuti impegnati per alcuni anni; con il Sinodo abbiamo cercato di rispondere alla domanda: quale cammino di rinnovamento la nostra Chiesa deve intraprendere in questo tempo? Quali sono le chiamate di Dio per noi, perché possiamo sempre più essere fedeli alla sua volontà e permettere che ogni persona incontri Gesù, il Signore della vita?
Con questa lettera vorrei portare forza e consolazione rimettendo al centro quel dono grande che abbiamo ricevuto: la fede.

Dov’è la nostra fede?
Alcuni giorni fa un uomo colpito dalla perdita di una persona cara mi ha confidato: “Sa, io non sono molto bravo a credere. Anzi non credo proprio. Ma adesso questa cosa mi manca”. Cosa significa credere? Saper leggere dentro di sé quel “soffio divino” di cui si avverte l’impeto o la brezza, di cui anche si intuisce la mancanza in alcuni momenti drammatici. Qualcuno a volte insinua che credere sia una specie di debolezza che fa scaricare sulla divinità le proprie incapacità, rinunciando alla propria autonomia. E’ invece semplicemente il contrario: è proprio il coraggio di accettare se stessi come si è realmente, è saper accettare il proprio limite di creature e voler realizzare un rapporto personale con questa realtà invisibile alla quale però si è totalmente ancorati.

Per noi che siamo entrati nella terza età la fede ha il sapore di ricordi belli, della preghiera intorno al fuoco, del sudore offerto quotidianamente a Dio. Ed è su queste esperienze che ora fondiamo la nostra vita e le nostre scelte.
Per gli adulti di oggi la fede è stata spesso contestata, ritenuta l’oppio dei popoli, soprattutto con quell’affermazione che andava di moda venti anni fa: Cristo sì, la Chiesa no. Dimenticando che è Cristo stesso che ha voluto la Chiesa e che Lui è presente nella comunità cristiana che pur è limitata e con le sue contraddizioni.
Per i giovani di oggi la fede rischia di essere un’appendice: la puoi avere o non avere, ma nella sostanza della vita non cambia nulla. La fede in Dio può anche esserci ma la domanda è: a quale dio crediamo?

Ripartire dalla fiducia
C’è innanzitutto una dimensione profondamente umana che siamo chiamati a vivere : la fiducia. Tutta la nostra vita è impregnata di fiducia. Il bambino si fida dei suoi genitori, l’innamorato ha fiducia della sua innamorata, la sposa ha fiducia dello sposo… Tutta la nostra vita è impostata su questa dimensione. Pensate semplicemente se mancasse la fiducia, anzi pensate quando la fiducia non c’è: che tristezza! Vivere nel sospetto, in una fiducia non data e non ricevuta: sarebbe la fine dell’umanità perché non ci sarebbero più rapporti tra le persone, sarebbe la guerra continua.
Com’è bello invece dare e ricevere fiducia. La fiducia come atteggiamento in sé che poi si concretizza in fiducia in se stessi, nell’umanità, nel mondo, nell’altro, nell’amata e nell’amato, nei figli, in Dio. Sì, è su questa capacità di aver fiducia che accomuna tutte le donne e tutti gli uomini che si fonda la fiducia in Dio, perché se non ci fidiamo di chi vediamo tutti i giorni come potremo fidarci di chi non vediamo?

La fiducia in Gesù
L’uomo credente è sempre portato ad andare al di là dei suoi stessi limiti, della sua esperienza quotidiana, per capirla meglio, per viverla nella pienezza del suo contenuto: l’uomo credente si sente continuamente provocato da quella realtà che avverte e di cui non sa dare le dimensioni, quel mistero che mentre lo definisce come limitato, lo invita a nuove esplorazioni, nuove avventure.
L’idea di Dio non è la risoluzione di un teorema, non è una definizione standard, non è nemmeno l’incubo di un padrone invisibile e geloso, ma è sempre una proposta, una suggestione e un interrogativo: è questo che rende la fede qualcosa di grandioso e di esaltante, qualcosa che rivela senza posa la misura incommensurabile di questa creatura così piccola e così grande.
Questa è la gioia di credere: non quella di saper rispondere a tutte le domande più angosciose dell’uomo, né quella di sentirsi garantiti da qualche imminente pericolo, ma quella di spalancare ogni volta le proprie finestre per contemplare quell’infinito che appare e scompare, ma che sempre è nell’attesa del cuore dell’uomo.

Dobbiamo dire che non basta affermare di credere in Dio, credere non significa sapere e proclamare che Dio c’è; significa accettare di essere messi in discussione da questa verità attraverso l’ascolto di un Dio che parla, che interpella l’uomo, che lo chiama. Questo Dio non assomiglia a nessun altro Dio e ha parlato definitivamente attraverso Gesù. Ci dice la lettera agli Ebrei: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo” (1,1-2). A Gesù, dunque, al Figlio di Dio, il Signore, deve essere indirizzato il nostro ascolto, perché la fede viene dall’ascolto. E’ l’incontro con Gesù che fa il cristiano! E’ avvenuto così per i primi discepoli, è avvenuto per tutti i santi, è avvenuto così anche per noi: c’è stato un incontro diretto o mediato con Gesù, c’è stata una parola da parte di Gesù e chi l’ha ascoltata nel cuore si è sentito conquistato, scelto, amato. Così avviene ancora oggi, perché l’incontro con Gesù è rinnovato nella comunità cristiana attraverso la testimonianza della fede. Al centro della fede cristiana c’è Gesù di Nazaret: è lui che siamo chiamati a incontrare, ascoltare, credere, seguire.
La fede cristiana è dunque adesione a Gesù Cristo, legame con la sua persona, obbedienza ai suoi insegnamenti, coinvolgimento con la sua esistenza umana, perché il modo di vivere di Gesù, e che Lui ha insegnato a noi, è la vita umana autentica. Questa vita ha un comandamento, un imperativo, una direzione precisa da prendere: l’amore fino al dono della vita. Nel cristianesimo il miglior modo di servire Dio è servire gli altri, l’amore per gli altri. Pensiamo che bello vivere così… ma è il nostro modo di vivere! Quale madre e quale padre non pensa di dare la vita per i propri figli? Quale innamorata o innamorato non darebbe la vita per l’amato o per l’amata? Il senso della nostra vita non è precisamente in questo e cioè nell’amare fino a dare la nostra vita?
Ma questo amore non è solo una forma di morale, non è semplice filantropia, ma è un’azione che scaturisce dall’adesione a Gesù Cristo: la fede è la sorgente, l’ispirazione, la forza di questo amore ed è la grazia che accompagna la fede a renderlo possibile. Scrive san Giovanni nella sua prima lettera: “Dio nessuno l’ha mai contemplato, ma se ci amiamo gli uni gli altri Dio abita in noi e il suo amore in noi raggiunge la pienezza” (1Gv 4,12).

L’Anno della fede
Stiamo vivendo l’Anno della fede indetto dal Papa lo scorso 11 ottobre e che terminerà il prossimo mese di novembre. Ma perché un anno dedicato alla fede? È un anno per tutti noi, perché nel cammino di fede sentiamo la necessità di rinvigorire il passo, divenuto a volte lento e stanco, e rendere la testimonianza più incisiva. Per chi crede, dunque, quest’anno è l’occasione per rinvigorire la propria fede; per chi sente di non aver fede è l’occasione per sperimentare che la Porta della fede è sempre aperta. Questo perché la via della fede è per tutti e che il Signore Gesù può essere accolto da tutti.
L’ho detto prima: la fede in Gesù Cristo non è una ricetta, ma certo ci può dare delle strade da percorrere. Innanzitutto la fede ci rende liberi. Liberi dalle nostre schiavitù, dalle nostre abitudini stanche, perché ci permette di guardare con fiducia alla nostra vita che è benedetta da Dio, il quale ci dà la forza e la grazia di superare ostacoli, mancanze, peccati, pigrizie. Mi piace ricordare quella vecchia storia nella quale tre scalpellini tagliavano grandi pietre dalla montagna. Interrogati sul loro lavoro il primo malediceva la fatica, il secondo rispondeva che lavorava per portare il pane a casa, il terzo affermava di star costruendo una cattedrale. Ecco: noi stiamo costruendo ogni giorno la cattedrale della nostra vita e la cattedrale del mondo e la fede ci dà l’orizzonte bello e santo in cui muoverci.
La fede è poi stile di vita che alimenta la nostra speranza e ci fa vivere la carità. E’ uno stile, perché la fede orienta le nostre scelte che si nutrono proprio di speranza e sono orientate all’amore.

Cosa fare?
Tante persone riscoprono la bellezza della fede nella vita adulta, perché facendo il punto sulle loro scelte sentono il bisogno di dare un fondamento a quanto vivono, hanno la necessità di costruire la casa della propria vita sulla roccia che è il Signore Gesù. Il Sinodo diocesano che abbiamo terminato pochi mesi fa ha parlato tanto di questa dimensione della vita per gli adulti con la consapevolezza che non si tratta di annullare la nostra intelligenza, ma anzi di vivere l’intelligenza della fede e cioè una dimensione consapevole del credere.
Allora che cosa fare? Tra le tante cose ve ne suggerisco tre: la preghiera, la formazione, la carità.
La preghiera. Innanzitutto prendersi del tempo come Maria che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Prenderci del tempo per mettere insieme le dimensioni della nostra vita e lasciarci illuminare dalla Parola di Dio. Questa è la preghiera! Non una sorta di tassa da pagare a Dio, ma un tempo per fare la verità nella nostra vita. Prendiamo allora in mano il Vangelo, facciamolo diventare un compagno fedele delle nostre giornate anche portando con noi una frase, un versetto, un’immagine per imparare a vivere guidati e sostenuti dalla Parola.
La formazione. Tante sono poi le occasioni di preghiera – la Messa meraviglioso dono di Dio! – e di formazione che le nostre comunità offrono a tutti: utilizziamole, partecipiamo, nutriamo il nostro cuore e la nostra anima di bellezza, di eternità, di profonda umanità. Quest’anno ricorre l’anniversario di 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II e 20 anni dall’uscita del Catechismo della Chiesa Cattolica. Perché non leggere un documento del Concilio (ormai con internet troviamo tutto facilmente) e non sfogliamo il catechismo magari partendo da quel dubbio, da quella cosa che non abbiamo mai capito fino in fondo? Nel catechismo troviamo una miniera per soddisfare la nostra fame e sete di Dio.
La carità. La fede si nutre ed è nutrita dall’amore, perché Dio è amore. La vita ci propone purtroppo molte occasioni in cui sperimentiamo la necessità di impegnarsi per gli altri, di accoglierli, di farci loro compagni di viaggio. Vivere con uno stile aperto, accogliente, pacificato, disponibile concretizza la fede nelle vicende di ogni giorno. Quanto è bello vivere così e quanto fa bene a chi ci sta accanto e alla nostra società. Pensate come cambierebbe il mondo se ci aprissimo a chi ci sta vicino: quante barriere cadrebbero, quanti ostacoli si potrebbero superare insieme, quanta meno povertà ci sarebbe.

Dio, che è Dio di misericordia, conosce i nostri bisogni:
a Lui ci possiamo rivolgere con fiducia.
Dio, che è Dio di pace, conceda a tutti noi la sua pace
sempre e in ogni maniera.

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