Senigallia, 10 ottobre 2002
Signor Sindaco,
Signor Presidente del Consiglio Comunale,
Signori Consiglieri, membri del Consiglio Comunale e delle Circoscrizioni,
Sono lieto di rivolgere a tutti voi un deferente saluto insieme con il più vivo ringraziamento per aver acconsentito a questo incontro, che si svolge nell’ambito e in occasione della Visita Pastorale. E’ questa la Visita che il Vescovo, come pastore, compie periodicamente alle comunità della Diocesi per conoscere le persone, per ascoltarle, per condividerne le speranze e le preoccupazioni, per incoraggiarle a vivere secondo i valori del Vangelo.
Nel quadro della Visita Pastorale, che in questo tempo sto compiendo alle parrocchie della nostra città, è mio vivo desiderio entrare in dialogo con le istituzioni civili, nella convinzione che attraverso il confronto dialogico e la collaborazione si possono individuare percorsi comuni ed efficaci per costruire un futuro di sviluppo e di progresso.
E’ questa la ragione per cui oggi sono onorato di rendere visita a tutti voi, che in questo storico edificio non solo amministrate ma soprattutto rappresentate l’intera città di Senigallia, della quale anch’io, come Vescovo, mi sento parte viva.
In effetti, sono consapevole di essere inserito nella storia di questa città per continuare una secolare missione religiosa che ha conosciuto eminenti figure di pastori, i quali hanno profondamente amato la città stessa, contribuendo significativamente al suo sviluppo sociale e culturale. Tra i figli più illustri della Chiesa di Senigallia non posso non ricordare Giovanni Maria Mastai Ferretti, che, salito al soglio pontifico con il nome di Pio IX ed ora riconosciuto Beato, ha voluto testimoniare il suo amore per la città con importanti istituzioni a favore dei bisognosi, come l’Opera Pia che da lui prende il nome, istituzione che tuttora conserva una grande valenza per la vita della città.
1. Impegno a fare della città una “casa comune”
In alcune occasioni ho definito Senigallia come “una città da amare”. Essa presenta una ricchezza di valori umani, storici e culturali che non può essere trascurata: è una ricchezza da valorizzare. Credo che nel nostro tempo, caratterizzato da grandi sfide epocali, la città sia chiamata a divenire un’ideale “casa comune” per tutti coloro che vi abitano. Un’istituzione civile fondamentale, quale il Consiglio Comunale, non è chiamata a rappresentare interessi parziali, ma a servire tutti i cittadini e a favorire lo sviluppo globale dell’intera popolazione.
Questo è possibile se cresce in tutti il convincimento che chi siede in questo Consiglio non è qui per interessi di parte ma per un sincero impegno di servizio nei confronti del vero bene di tutti. Per diventare servitori della polis, e quindi promuovere il bene comune, ritengo sia necessario saper ascoltare. Solo se l’altro, e ogni altro, in particolare il sofferente, il povero, l’emarginato fa breccia in noi, allora possiamo diventare persone che si mettono al suo servizio e al servizio di tutti coloro che hanno bisogno del nostro aiuto.
Questo valore dell’ascolto vale anche qui, in Consiglio comunale e nelle circoscrizioni, dove attraverso una giusta dialettica democratica voi esprimete l’impegno di servizio al bene di questa città. Ascoltare l’altro, anche se appartiene a schieramenti politici diversi dal proprio, quando propone scelte positive per il bene di tutti, è segno di onestà, di sensibilità e di grande maturità politica. Il criterio di valore di una proposta non può essere dato in prima istanza dallo schieramento a cui appartiene il suo promotore, ma dal valore oggettivo della proposta stessa in funzione del bene comune.
Nel mettersi in ascolto dei bisogni della collettività, lo Stato e le istituzioni cittadine sono chiamati a servire il bene comune secondo il principio della sussidiarietà. La Chiesa stessa si pone in questa dinamica e la considera fondamentale. Non è chiesto al Consiglio comunale ciò che è dovere di altre fondamentali istituzioni, quali ad esempio la famiglia o altri ambiti specifici della società. Ma è dovere delle forze politiche essere di aiuto ai singoli, alle famiglie, ai gruppi, alle realtà della società civile perché tutti siano messi in grado di vivere una vita dignitosa e di svolgere il loro ruolo nel rispetto dei valori contenuti nella Costituzione.
2. Problemi emergenti
Mi sia consentito accennare qui ad alcune emergenze che ci stanno dinnanzi e che tutti in qualche modo ci interpellano. Per quanto mi concerne, come pastore di questa Chiesa locale, sono problemi che sento particolarmente vivi e urgenti.
a) Giovani
Senza ripetere luoghi comuni, non possiamo non renderci conto che essi sono i più esposti al rischio di portarsi addosso le conseguenze delle nostre fragilità sociali, familiari ed educative. A fronte di un futuro incerto, è ingannevole offrire loro ogni genere di benessere e di comfort, illudendoli che il “tutto e subito” e il “tutto facile” sia la sostanza della vita: in questo modo li si rende deboli ed incapaci di affrontare la durezza dell’esistenza con i sacrifici che essa richiede. I giovani di Senigallia, con il sostegno della famiglia, della scuola, delle istituzioni civili e religiose dovrebbero essere aiutati ad educarsi ai veri valori, a sentirsi non ospiti, ma persone responsabili nella casa comune della città. I giovani dovrebbero rappresentare una priorità per la politica, per garantire loro un’occupazione, una possibilità di espressione delle loro potenzialità, delle occasioni di incontro in cui praticare il senso dell’appartenenza a una collettività, la corresponsabilità e la solidarietà.
b) Famiglia
L’insistenza della Chiesa sulla famiglia fondata sul matrimonio, così come la si trova anche nella nostra Costituzione (art.29), non è una cieca ideologia: essa nasce invece proprio dalla consapevolezza che la famiglia tradizionale, sana e stabile, è il luogo in cui meglio si possono far crescere le persone nel loro equilibrio psicologico ed affettivo come pure nel senso civico e nella loro maturazione sociale. La Chiesa non intende discriminare chi, per molteplici motivi, ha fatto altre scelte che essa non può approvare, ma nello stesso tempo ribadisce che favorire con politiche giuste e al passo coi tempi la famiglia tradizionale vuol dire cogliere l’insostituibilità, anche oggi, della famiglia come cellula fondamentale della società. L’esperienza ci dice, e le scienze umane lo confermano, che la precarietà di tante unioni coniugali produrrà in futuro, nelle nuove generazioni, i suoi frutti amari, sui quali è opportuno riflettere fin d’ora con grande senso di responsabilità.
c) Attenzione agli ultimi
Nell’antichità cristiana il Vescovo era chiamato “padre dei poveri”. La solidarietà certamente è un dovere che vale per tutti, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti. Nella difficoltà che si incontra oggi a trovare valori comuni, quello della solidarietà è forse l’ultima, estrema risorsa che ci è data per costruire un ethos pubblico comune e veramente umano.
La solidarietà non è paternalismo, ma è sentire che se c’è un solo uomo “sfigurato” nella sua dignità, diminuito nelle sue possibilità di vita, è la nostra umanità ad essere sminuita.
Dobbiamo dare attenzione ai nuovi e vecchi poveri, quelli che si presentano agli sportelli delle istituzioni, quelli che bussano alla porta delle parrocchie, quelli che non chiedono, non bussano, non protestano. Desidero evocarli qui, mentre li vediamo sotto i nostri occhi: gli immigrati cosiddetti “extracomunitari”, i giovani disoccupati, gli ammalati gravi e soprattutto quelli con patologie psichiatriche con le loro famiglie, gli anziani soli e abbandonati, le persone – specie giovani sposi – che non trovano casa, i minori in situazione di disagio, i giovani caduti nelle spire della dipendenza dalle nuove e subdole droghe o dall’alcool, la tratta delle schiave del sesso che in numero crescente percorrono le nostre strade.
A questi “nostri” poveri si deve guardare non solo con appropriate e tempestive iniziative sociali ma anche con la grande risorsa della gratuità, che trova nel volontariato una delle sue espressioni più significative.
3. Collaborazione tra Chiesa e società civile
In sintonia con il magistero pontificio e con le scelte dell’Episcopato italiano, la Chiesa locale non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito. Credo che mi si possa dare atto che sin dall’inizio del mio servizio episcopale in questa diocesi ho avuto cura di restare al di sopra delle parti, evitando ogni collusione o interferenza con qualsiasi forza politica o partitica. E’ questa un’esigenza per poter annunciare liberamente, senza condizionamenti, il Vangelo a tutti.
L’equidistanza dai partiti e dalle coalizioni non può tuttavia significare neutralità, indifferenza, afasia, quando sono in gioco i valori. Quando ricorrono questioni che riguardano l’etica, la vita e la dignità dell’uomo, la Chiesa sente il dovere di far sentire la sua voce.
Allo stesso modo la Chiesa è pronta a offrire la sua collaborazione, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, alle istituzioni civili per il conseguimento del bene comune.
La Chiesa di Senigallia sa di essere parte viva della storia della città ed anche oggi si sente presente ed attiva nella società civile attraverso l’opera dei cattolici che a pieno titolo sono anche cittadini. La Chiesa è sempre pronta a collaborare con le istituzioni per la difesa della vita e della sua qualità nel territorio cittadino, in particolare a vantaggio delle fasce più svantaggiate della popolazione. Ugualmente essa è pronta a dare il suo specifico contributo per la stabilità dei legami sociali, in particolare della famiglia, come pure per la promozione della giustizia sociale, della legalità e della cultura.
In particolare desidero sottolineare e richiamare l’attenzione su due punti qualificanti il nostro servizio che, come comunità cristiana, pur nelle nostre limitate disponibilità, vogliamo offrire a questa città:
l’impegno quotidiano delle parrocchie sul fronte dell’educazione dei ragazzi e dei giovani. Vorrei sottolineare la grande risorsa educativa che rappresentano gli oratori, le scuole cattoliche (materne), i campi scuola: sono realtà che costituiscono una grande opportunità a cui la società civile, nella logica della democrazia e del pluralismo, ha interesse a guardare con concreta considerazione.
un servizio generoso e capillare sul versante della carità e dell’assistenza nei confronti di ogni forma di povertà e in particolare nei casi di emergenza quando si tratta di minori in seria difficoltà, di persone senza fissa dimora, di donne schiave della prostituzione, di ragazze madri, di immigrati in cerca di alloggio, di persone sole, anziane, malate.
Conclusione
In questa gradita circostanza desidero qui riaffermare la volontà della Chiesa di Senigallia a fare la sua parte per la costruzione di una città che sia casa di tutti, casa dove tutti si sentono a loro agio, perché rispondente alle esigenze delle persone.
A voi che siete gli amministratori di questa nobile e cara città auguro di essere messaggeri credibili di speranza e di ottimismo sul futuro della nostra popolazione. Come Vescovo della Chiesa cattolica presente ed operante in questo territorio desidero assicurare a tutti la mia stima, il mio rispetto e la mia costante preghiera affinchè ciascuno di voi, nello svolgimento del suo delicato ed importante mandato sappia sempre obbedire alla propria coscienza nella consapevolezza di essere al servizio della polis.