Messa di ringraziamento (31 dicembre 2018)

La Messa vespertina dell’ultimo giorno dell’anno è considerata come Messa di ringraziamento per l’anno trascorso.

Ringraziare è un gesto che va ben oltre la buona educazione, perché chiede delle ragioni che lo giustificano. E le ragioni fanno riferimento ad avvenimenti, a fatti, concreti, non a tutti gli avvenimenti e fatti concreti, ma a quelli che ai nostri occhi sono apparsi buoni, positivi, perché hanno dato serenità alla nostra esistenza, rassicurato la nostra persona.

Spero che noi tutti presenti a questa Messa abbiamo ragioni per ringraziare il Signore per l’anno che sta per concludersi; ma anche i nostri cari, per la cura che hanno avuto per noi; anche quelle persone che, in circostanze e modi diversi, ci hanno consentito di trascorrere giorni sereni.

I testi di questa liturgia ci suggeriscono le ragioni del nostro ringraziamento al Signore. Non fanno l’elenco degli avvenimenti buoni che il Signore ha compiuto a nostro favore; si limitano a indicarne uno, quello decisivo per la storia degli uomini, per la loro vita e per la nostra esistenza.

Questo avvenimento lo presenta molto bene l’apostolo Paolo in un passo della sua lettera ai Galati, proposto nella seconda lettura: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (4,4-5). Quella che Paolo dà non è una semplice notizia di cronaca, ma una notizia che dice l’impatto sulla nostra vita che ha avuto la decisione di Dio di “mandare suo Figlio, nato da donna”. Infatti poco più avanti scriverà: «Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio».

Nella nascita del Figlio di Dio si manifesta in tutta la sua pienezza quella benedizione che su mandato del Signore stesso a Mosè, i sacerdoti offrivano ai pellegrini ebrei al Tempio, come ci ha riferito la prima Lettura («Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda la pace», Nm 6,22-27).

Gesù, il Figlio che Dio, il suo e nostro Abbà, ha mandato a noi come uno dei tanti figli degli uomini, è la benedizione di Dio per il mondo, per la nostra esistenza nel mondo, la benedizione che ci riscatta dal male che in tanti modi la colpisce e la avvilisce.

In questa Eucaristia desideriamo ringraziare il “Dio, che nella sua provvidenza dà inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo” (cfr. la preghiera sulle offerte), per quelle circostanze della nostra vita dove abbiamo riconosciuto l’azione della sua benedizione: nella serenità delle nostre relazioni, nell’apertura del cuore di chi si è fatto vicino a noi nei momenti difficili, ha condiviso il nostro dolore, ci ha dato coraggio, nei gesti di solidarietà verso le persone indigenti, sole, lontane dalle proprie famiglie e dai propri paesi, nella nascita di nuove vite, nell’avvio di nuove famiglie…

La liturgia, oltre che suggerirci le ragioni del nostro rendimento di grazie, c’invita a non lasciar cadere nel vuoto la benedizione di Dio, ad accoglierla, perché i giorni del nuovo anno che ci stanno di fronte e dei quali conosciamo ben poco, trascorrano  sotto il segno della benedizione di Dio, come abbiamo chiesto nella preghiera iniziale.

Sempre la liturgia ci indica cosa fare per non lasciar cader nel vuoto la benedizione di Dio: agire come i pastori, i quali hanno dato subito credito alle parole dell’angelo e sono andati, “senza indugio”, a vedere quel “bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia” e raccontarono, poi, ad altri di quel bambino.

Andiamo anche noi da questo bambino, il Figlio che Dio ci ha donato, andiamoci nei giorni sereni, nei quali la benedizione di Dio appare chiara ai nostri occhi, andiamoci con il cuore lieto e riconoscente; ma andiamoci anche nei giorni tristi e dolorosi, nei giorni della prova, per chiedere al Signore di consolare il nostro cuore, di tenere aperto nel nostro cuore l’orizzonte di una speranza grande e sicura, che solo Lui è in grado di salvaguardare.

E, come Maria, custodiamo questa benedizione nel nostro cuore, contemplandola e assaporandola, perché riconosciamo in essa l’origine e il custode delle piccole e grandi gioie, che speriamo presenti nei giorni a venire.