Messa di suffragio per il Vescovo Odo Fusi Pecci nel primo anniversario della sua morte (20 marzo 2017)

La preghiera che precede l’ascolto della parola di Dio in questa Eucaristia della solennità di S. Giuseppe ci fa sapere che il Dio onnipotente ha affidato gli inizi della nostra redenzione “alla custodia premurosa di S. Giuseppe” e ci suggerisce una richiesta: “per sua (di S. Giuseppe) intercessione concedi alla tua Chiesa (a noi quindi) di cooperare fedelmente al compimento dell’opera di salvezza” (quella redenzione i cui inizi sono stati affidati alla cura premurosa di S. Giuseppe).

Chi era Giuseppe a cui Dio ha affidato quanto che gli stava più a cuore (il riscatto della nostra libertà dal male che ci impedisce di riconoscere e accogliere il suo amore, di aver fiducia in Lui, di prestargli ascolto)?

Matteo ci informa che Giuseppe era “sposo di Maria”. La segnalazione di sposo, quando ancora non erano state celebrate le nozze, indica con quale serietà era inteso allora il tempo che precedeva le nozze, il tempo del fidanzamento (termine questo che sembra del tutto sparito dal nostro vocabolario e dalla nostra considerazione). Giuseppe era un fidanzato che doveva prendere una decisione sofferta: come interrompere la relazione con Maria, che, almeno a una prima considerazione, lo aveva tradito.             A questo punto l’evangelista Matteo ci dà una seconda informazione su Giuseppe: “era uomo giusto”.

Un’espressione del libro della Sapienza ci aiuta a cogliere il senso profondo della giustizia di Giuseppe: «Il giusto deve amare gli uomini [deve essere umano]» (12,19). Questo è l’insegnamento che l’uomo giusto ricava dal modo di agire di Dio, illustrato nei versetti precedenti: «La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente verso tutti…Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi» (12,16.18).

Giuseppe, uomo giusto, stava maturando la decisione di non comportarsi con Maria secondo un’interpretazione letterale della legge, che puniva la mancanza, la trasgressione; sceglie un’altra soluzione, quella dell’attenzione, del rispetto della persona, dell’indulgenza; in nome della legge non sacrifica una persona.

In questa situazione difficile, piena di contraddizioni, carica di sofferenza, Giuseppe viene raggiunto dalle parole di un “angelo del Signore”, il quale gli avanza una richiesta che non corrisponde al suo progetto (non rifiutare la sposa promessa che, non andava considerata infedele, perché il bambino che portava in grembo, non era di un altro uomo, perché “veniva dallo Spirito Santo”) e al suo desiderio di paternità (dare il nome – riconoscere come figlio – a un bambino che lui non aveva generato, un nome, Gesù, che indicava che cosa questo figlio avrebbe fatto per il suo popolo e non solo per il suo popolo).

L’evangelista Matteo ci fa sapere che Giuseppe non pone obiezioni all’angelo del Signore, anzi che “fece come gli aveva ordinato”. L’obbedienza che Giuseppe accorda all’angelo di Dio gli consente di fare quello che fino a quel momento gli sembrava impraticabile (“prendere con sé la sua sposa”) e consente a quell’evento che ai suoi occhi era parso pieno di contraddizioni, insostenibile, di diventare evento di salvezza.

Quella di Giuseppe è un’obbedienza che si lascia ispirare dalla fiducia in Dio e che si lascia indicare da Lui come dar seguito al proprio desiderio di essere sposo e padre; si lascia guidare da Lui nel modo di esprimere quella giustizia, che Dio chiede ai suoi figli, la giustizia di chi ama, come fa Dio, gli uomini.

Giuseppe, come la sua fidanzata Maria, con la propria obbedienza alla parola dell’angelo di Dio consente al Figlio di Dio di entrare nella nostra storia per salvarla, di essere a un tempo uno di noi (“uno dei miliardi di uomini”) e il nostro Salvatore, colui che ci libera dai nostri peccati.

La strada percorsa dai due fidanzati di Nazareth è la strada che anche noi discepoli di Gesù (la Chiesa) siamo impegnati a percorrere se desideriamo “cooperare fedelmente al compimento dell’opera di salvezza”, come abbiam chiesto al Dio onnipotente nella preghiera iniziale.

Il Vescovo Odo, con il suo ministero generoso e intelligente, a servizio della nostra Chiesa di Senigallia, ha “cooperato fedelmente al compimento dell’opera della salvezza”. Di questo siamo grati a Dio e a lui.