Messa nella Tenda della Misericordia – 14 giugno 2019

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato” (Rm 5,5). L’affermazione paolina rivela ciò che rappresenta il cuore dell’esistenza credente: non una nostra prestazione morale, ma l’iniziativa, l’azione di Dio a nostro favore. Quella di Dio è un’azione che presenta l’aspetto di un dono, di un regalo, perché , ci ricorda sempre Paolo, i destinatari di questa azione – cioè noi – non erano nelle condizioni di esigerla, di pretenderla, in quanto “ancora deboli” e, soprattutto, “ancora peccatori”, cioè lontani, ostili (“nemici”) a Dio.

L’amore di Dio “riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito”, cioè partecipato in modo generoso a noi, presenta un tratto singolare, unico.

Per comprenderne l’unicità osserviamo la dinamica dell’amore tra gli umani. La dinamica che regola questo amore è una dinamica “selettiva”: noi selezioniamo, scegliamo le persone da amare, da accogliere e di cui prenderci cura. La dinamica selettiva è alimentata da diverse ragioni: l’appartenenza a una famiglia, a un gruppo, a una cerchia di amici, a una nazione. Inoltre privilegia sostanzialmente il principio della reciprocità che prevede una qualche forma di corrispondenza o di merito.

Il testo paolino ci avverte che la dinamica dell’amore di Dio, l’amore che Dio ci offre mediante lo Spirito non è “selettiva”, cioè non tiene conto delle circostanze, della ragioni che nell’amore tra gli umani risultano invece decisive. Scrive l’Apostolo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori (più avanti, “mentre eravamo nemici”) Cristo è morto per noi” (Rm 5,8). Proprio perché la dinamica dell’amore di Dio non è selettiva, quell’amore ricrea le condizioni di una comunicazione tra Dio e noi, ci riconcilia con Dio stesso.

Anche il vangelo appena proclamato (Lc 15,4-7) ci conferma questa qualità dell’amore di Dio. Nel racconto di Gesù, Dio è il pastore che non si rassegna a perdere una delle sue cento pecore. Per questo “va in cerca di quella perduta”  e quando la trova invita amici e vicini di casa a fare festa con lui. Gesù racconta questa parabola, la prima di tre (la seconda parla di una moneta perduta  e della festa che una donna  fa con le amiche e le vicine di casa quando la ritrova, cfr Lc 15,8,10). Nella terza parabola (Lc 15,11,32) Dio è il padre che esce di casa due volte per ricuperare al suo amore i suoi due figli, quello più giovane che se ne era andato da casa sbattendo la porta e il primogenito che si era rimasto in casa più come servo che come figlio.

Gesù racconta le tre parabole per rispondere alla reazione dei farisei e degli scribi d fronte al suo comportamento verso  quelle persone, pubblicani e peccatori, che per le loro scelte di vita andavano tenute lontano e non frequentate (“Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”, Lc 15,1)

L’amore di Dio “riversato” nei nostri cuori dallo Spirito Santo, libera il nostro amore dalla dinamica della selettività che esclude (questa persona sì, quest’altra no), si lascia guidare dal titolo di merito (questa persona merita tutto il mio amore, la mia comprensione, la mia solidarietà, quest’altra no), decide le precedenze non partire dalle appartenenze razziali, culturali, religiose, ma dalle reali necessità della persona.

Abbiamo bisogno di ricuperare nelle nostre relazioni, nei nostri atteggiamenti e comportamenti di fronte a chi ci interpella con la propria indigenza, la dinamica inclusiva dell’amore di Dio. riusciremo in questo ricupero se lasceremo operare in noi quello Spirito che non smette di riversare nei nostri cuori l’more di Dio per noi, l’amore con cui Dio si prende cura di ciascuno di noi.

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