Nota Pastorale “L’iniziazione cristiana oggi in Parrocchia” per l’anno 2003-2004 (4 Ottobre 2003)

Senigallia, 4 ottobre 2003

L’INIZIAZIONE CRISTIANA OGGI IN PARROCCHIA

Linee programmatiche per l’anno pastorale 2003-2004

All’inizio del nuovo anno pastorale vogliamo tracciare il cammino che la nostra Chiesa particolare di Senigallia è chiamata a compiere in sintonia con gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano. Lo facciamo nella consapevolezza di poter contare sulla luce e sulla forza dello Spirito Santo che anima e sostiene incessantemente la Chiesa.

La parrocchia: struttura di base

La nostra riflessione prende avvio dalla parrocchia, che da molti secoli è la struttura di base su cui fa perno la missione della Chiesa. E’ attraverso la parrocchia che tradizionalmente passa la pastorale ordinaria della comunità cristiana. Ed è la parrocchia che nel territorio, là dove la gente vive, rende concretamente visibile la Chiesa, tanto che spesso la Chiesa viene identificata con la parrocchia stessa.
Le origini della parrocchia, come è noto, risalgono al IV-V secolo: essa nacque per ragioni funzionali, quando si doveva far fronte all’evangelizzazione delle campagne, andando al di là dell’organizzazione finora cittadina della pastorale.
Da allora molti e profondi cambiamenti si sono verificati nella società e anche la parrocchia ha dovuto adattarsi alle nuove circostanze.
Di fronte ai mutamenti del nostro tempo alcuni si interrogano sulla validità di questa istituzione. La parrocchia sembra oggi in gravi difficoltà per rispondere ai nuovi fenomeni della mobilità, dell’appartenenza debole, dell’urbanesimo industriale. E’ tentata di restare prigioniera di una duplice tendenza: quella di rinchiudersi in se stessa, nella piccola cerchia dei praticanti, appagati dal trovarsi bene insieme, e quella di una “stazione di servizio” per l’amministrazione dei sacramenti, dando per scontata la fede di coloro che li ricevono.

La fede, problema cruciale

In realtà il problema di fondo nel nostro tempo è quello della fede: parliamo non di una fede qualsiasi, ma della fede biblica, cioè della fede nella persona di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, unico salvatore dell’uomo. Se questo tipo di fede era in qualche modo presente nella cosiddetta “società cristiana”, per cui tutti si dicevano cristiani, oggi non è più così. La diminuzione della pratica religiosa, la “fuga” dei ragazzi del post-Cresima dalla Chiesa, l’assenza dei giovani dalla vita ecclesiale, la negazione di fondamentali verità della rivelazione cristiana, la ricerca di un astratto spiritualismo o di un accomodante sincretismo religioso sono segni evidenti della mutata realtà.
Malgrado i limiti che oggi la parrocchia presenta, dobbiamo tuttavia riconoscerne la insostituibile necessità. La sua indole propria e caratteristica è quella di essere “Chiesa… che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” (Christifideles laici, 26); secondo l’espressione di Giovanni XXIII è come “la fontana del villaggio” a cui tutti possono attingere, praticanti e non praticanti, “aggregati” e “non aggregati”; è la struttura di base da cui tutti si proviene e alla quale si può sempre ritornare quando si dovesse uscire da una comunità religiosa o aggregazione ecclesiale.
Gli stessi Orientamenti della C.E.I. ribadiscono la validità della parrocchia e auspicano il recupero della sua centralità: “Ci sembra fondamentale ribadire che la comunità cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se custodirà la centralità della domenica… e se custodirà nel contempo la parrocchia quale luogo – anche fisico – a cui la comunità stessa fa riferimento. Ci sembra molto fecondo recuperare la centralità della parrocchia e rileggere la sua funzione storica concreta a partire dall’Eucaristia” (CVMC, 47).

Struttura necessaria, ma da rinnovare

Seppur necessaria e insostituibile, la parrocchia è però bisognosa di un profondo rinnovamento. Non si tratta di un semplice “aggiustamento”, ma di una vera e propria “conversione pastorale”, così come da qualche tempo invoca Giovanni Paolo II e sollecitano gli stessi Vescovi italiani.
Se in altri tempi, in un contesto di società cristiana, la parrocchia dedicava le sue migliori energie alla “cura” dei fedeli, dando per scontata la presenza della fede trasmessa e ricevuta soprattutto in famiglia, nell’attuale contesto di società secolarizzata il problema serio e fondamentale è quello di generare la fede, di far nascere nuovi cristiani. Una volta la pastorale doveva affrontare soprattutto la questione della coerenza tra fede e vita; oggigiorno la sfida si pone in termini diversi: come far nascere la fede, come generare nuovi cristiani. E’ questa una questione vitale per la Chiesa: se la Chiesa madre non generasse più figli, si condannerebbe alla sterilità, perderebbe la sua ragione d’essere.
Si comprende allora il senso della “conversione pastorale” di cui si avverte il bisogno: si tratta di passare da una pastorale di conservazione, incentrata sull’amministrazione dei sacramenti, sulla custodia e sul nutrimento della fede, ad una pastorale missionaria, incentrata sull’evangelizzazione. Più precisamente, come affermano con lucidità e coraggio gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano, “al centro di tale rinnovamento va collocata la scelta di configurare la pastorale secondo il modello dell’iniziazione cristiana” (CVMC, 59).

L’iniziazione cristiana

L’iniziazione cristiana non è un’attività, seppure importante, che si aggiunge alle altre, ma è la stessa missione della Chiesa: è il processo attraverso il quale si diventa cristiani. Si tratta del cammino o itinerario che si compie per nascere alla fede e vivere una vita propriamente cristiana.
Nel corso della storia si sono succeduti alcuni grandi modelli di iniziazione cristiana (cf. F.Lambiasi, Iniziazione cristiana guardando la storia, “Settimana”/30, 31.08.2003).

a) Il modello catecumenale

Nei primi secoli l’iniziazione cristiana assumeva la forma del catecumenato: un cammino scandito per tappe e caratterizzato da alcuni elementi fondamentali quali la predicazione, la conversione e la fede, il battesimo, la confermazione e l’eucaristia, la mistagogia. All’inizio del cammino vi è la predicazione che normalmente prevede due elementi: l’annuncio e la catechesi.
L’annuncio (o “primo annuncio”) è anche chiamato “kerigma”: è ciò da cui dipende la fede (cf. Rm 10,17) e consiste nel messaggio essenziale, centrale, del Vangelo: si riferisce all’evento fondante del cristianesimo e ne esplica il senso. L’evento è il seguente: Gesù è risorto; il significato è: Gesù è il Signore! Questo è il “primo” annuncio, proprio perché ha la funzione di generare la fede: non è da intendersi “primo” in senso cronologico, ma come prioritario, come nucleo pulsante della fede.
A questo primo annuncio normalmente segue la catechesi o istruzione o didaché, che riguarda l’approfondimento della fede, l’esposizione della dottrina, la conoscenza delle esigenze della fede.
La risposta alla proclamazione dell’evento è la conversione e la fede: tutto questo viene significato e celebrato con il battesimo. Il battesimo peraltro non viene dato in modo indiscriminato, ma attraverso il discernimento dei candidati, richiedendosi sempre un’adesione personale e convinta.
Dopo la celebrazione dei sacramenti il catecumenato termina con la fase della mistagogia e cioè del pieno inserimento del battezzato nella vita della comunità con l’impegno di rendere testimonianza della sua fede.

b) Il modello medievale e tridentino

E’ questo il tempo in cui nasce e si diffonde la “società cristiana”. Tutti, anche i bambini, ricevono il battesimo. La fede viene trasmessa dalla famiglia e dalle altre organizzazioni sociali. Per completare l’iniziazione cristiana è necessaria, ed è sufficiente, l’istruzione religiosa, la catechesi: praticamente si nasce cristiani, ma per esserlo realmente bisogna “conoscere” la fede.
Di qui l’organizzazione in tutte le parrocchie della “scuola di catechismo” o “scuola della dottrina cristiana”. Si tratta di una vera e propria scuola con quattro elementi caratterizzanti: una classe, un maestro, un libro, un metodo; il metodo è quello della “domanda e risposta”.
Questo modello di catechesi e di iniziazione era adatto ad una società di cristianità in cui il contesto familiare e sociale formava alla fede; poi in parrocchia, a scuola di catechismo, era sufficiente istruirsi, magari memorizzando la dottrina, sui quattro aspetti della vita cristiana: che cosa bisogna credere (il credo), che cosa bisogna fare (i comandamenti), che cosa bisogna ricevere (i sacramenti), che cosa bisogna domandare (il Padre nostro e le altre preghiere).

c) Il modello problematico attuale

Con il Documento-Base Il Rinnovamento della Catechesi (1970) la Chiesa italiana prende coscienza che il catechismo come istruzione religiosa per la preparazione dei fanciulli alla prima comunione e alla cresima non è più sufficiente. E’ cambiata la società, non esiste più la società cristiana; il clima che oggi si respira non impregna più cristianamente le persone e le istituzioni. La nuova risposta che la Chiesa sente il dovere di dare è l’evangelizzazione.
Di fatto, però, questa esigenza non ha ancora trovato piena attuazione. In diverse parrocchie si è praticamente continuato ad intendere per evangelizzazione la catechesi, continuando così, come nel passato, a fare il catechismo in preparazione ai sacramenti.
Il rinnovamento della catechesi doveva consistere nel passaggio dai catechismi della “dottrina cristiana” alla catechesi “per la vita cristiana”: si trattava di operare il passaggio dall’ “istruzione”, dalla dimensione intellettuale e scolastica della fede, alla vita di fede, alla dimensione esistenziale della medesima. Onestamente dobbiamo riconoscere che questo processo è tuttora incompiuto.

d) Verso un nuovo modello

Il documento dei Vescovi italiani Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia prospetta la necessità di un nuovo modello di iniziazione cristiana adatto per i nostri tempi: è un modello che dobbiamo ritenere valido anche per la nostra Chiesa particolare di Senigallia.
Si tratta di un modello che “intessendo tra loro testimonianza e annuncio, itinerario catecumenale, sostegno permanente della fede mediante la catechesi, vita sacramentale, mistagogia e testimonianza della carità, permette di dare unità alla vita della comunità e di aprirsi alle diverse situazioni spirituali dei non credenti, degli indifferenti, di quanti si accostano o si riaccostano al Vangelo, di coloro che cercano alimento per il loro impegno cristiano” (CVMC, 59).
Come si può notare, gli elementi portanti dell’iniziazione cristiana sono la Parola, fatta di primo annuncio e poi di catechesi, la Liturgia, la Carità e la Comunità.
Nel processo di iniziazione cristiana è compreso, come parte indispensabile e sezione più impegnativa, il catecumenato: si tratta in qualche modo di tornare alle origini, cogliendone gli elementi essenziali di un vero tirocinio o apprendistato della vita cristiana. E’ un cammino graduale e progressivo, a tappe, per la generazione o la riscoperta della fede che prevede il tempo dell’accoglienza e della decisione, il tempo della conversione e della sequela, il tempo della testimonianza e della partecipazione alla vita della comunità.

Itinerari di iniziazione cristiana di tipo catecumenale

In vista di quanto sopra, la nostra Chiesa diocesana è chiamata a compiere scelte oculate e coraggiose. Sono scelte che ci proiettano nel futuro: non potranno essere realizzate nel corso di un solo anno pastorale: hanno bisogno di maturazione e di graduale concretizzazione, senza escludere opportune sperimentazioni. Ma intanto è necessario concordare sugli obiettivi che intendiamo raggiungere e disporci a camminare insieme verso gli stessi traguardi.
Per il prossimo futuro desidero indicare le seguenti linee programmatiche del nostro impegno pastorale.

a) Iniziazione cristiana dei fanciulli

E’ importante impostare l’iniziazione come itinerario, cammino, percorso di vita cristiana e non come “scuola di catechismo”. Si possono adottare accorgimenti pratici, anche nel linguaggio e nella struttura logistica, per superare la mentalità “scolastica” del catechismo.
Indispensabile è il coinvolgimento dei genitori che chiedono i sacramenti per i loro figli. Sappiamo bene che senza il sostegno, l’accompagnamento, la testimonianza dei genitori i figli non riusciranno a introdursi e a perseverare nella vita cristiana. Pensiamo ad esempio alla celebrazione dell’eucaristia domenicale, a cui la catechesi dovrebbe necessariamente approdare: l’assenza di tanti ragazzi all’appuntamento domenicale con il Signore risorto si spiega con l’assenza o l’indifferenza dei genitori. I generosi sforzi della catechesi ai ragazzi si vanificano senza la collaborazione dei genitori, i quali sono pur sempre i primi responsabili dell’educazione alla fede dei loro figli.
Rivolgere l’attenzione agli adulti, specificamente ai genitori, è oggi un’urgenza che assume il carattere di stringente priorità pastorale. Non si può tralasciare o sottovalutare la richiesta di sacramenti fatta dai genitori per i loro figli: è una richiesta che denota almeno una fiducia previa nei confronti della comunità cristiana. E’ questa, perciò, un’occasione particolarmente favorevole per proporre ai genitori di fare essi stessi, meglio ancora con i loro figli, un cammino di riscoperta e di valorizzazione della fede.
La proposta non deve assumere il carattere d’imposizione, o peggio del ricatto, ma quello dell’offerta di uno strumento per riscoprire o approfondire la fede. Insomma si tratta di aiutare i genitori a passare dalla semplice richiesta di un sacramento per i figli al risveglio della loro fede e al coinvolgimento nella formazione cristiana dei propri ragazzi.

Pertanto, raccomando vivamente che in ogni parrocchia, già da quest’anno, si propongano ai genitori dei comunicandi e cresimandi degli incontri periodici di riscoperta o approfondimento della fede e di esperienza di vita cristiana attraverso opportune forme di primo annuncio, di catechesi, di preghiera, di riconciliazione, di fraternità e solidarietà.

In prospettiva sarà anche necessario rivedere l’attuale organizzazione della catechesi dei ragazzi per fasce di età. L’ideale sarebbe quello di formare gruppi per livello di maturazione della fede, cosicché si possa accedere ai sacramenti dell’iniziazione cristiana non tutti insieme, e quasi automaticamente, a seconda della classe scolastica o di età, ma a seconda dell’effettivo cammino compiuto nella vita di fede. Ci rendiamo conto che si tratta di un’impresa ardua, che certamente non si può improvvisare: dovremo procedere gradualmente, facendo tesoro delle esperienze già in corso in altre diocesi e ricorrendo a qualche prudente e condivisa sperimentazione.

b) Iniziazione cristiana degli adulti

Dobbiamo riconoscere che finora le maggiori energie della parrocchia – in termini di tempo, di persone, di risorse economiche – sono state dedicate ai fanciulli e ai ragazzi. La situazione attuale richiede con urgenza uno spostamento del baricentro. “Occorre il coraggio di ribaltare la gerarchia degli investimenti delle energie pastorali. Non si tratta di non puntare sui minori, ma di evangelizzare i piccoli e i grandi, facendo perno sui piccoli in vista dei grandi, e sui grandi coinvolgendoli nell’edificazione di una comunità adulta, e quindi capace davvero di essere a servizio dei piccoli” (Mons. A.Caprioli alla 51^ Assemblea CEI, maggio 2003).
In un modo o nell’altro bisogna dunque arrivare agli adulti. A questo riguardo è necessario pensare a cammini differenziati di iniziazione cristiana in base alla diversità delle situazioni.

* Adulti non battezzati
Agli adulti che chiedono il battesimo intendiamo proporre, già da quest’anno, un cammino di tipo catecumenale, che sarà delineato dal Servizio Diocesano per il Catecumenato, organismo di imminente costituzione nell’ambito dell’Ufficio Catechistico Diocesano. I parroci segnaleranno al Servizio i candidati al battesimo e insieme si procederà a formare un gruppo di accompagnamento lungo il percorso dell’iniziazione cristiana. Si dovrà prevedere un congruo tempo per il primo annuncio o precatecumenato, poi per il catecumenato in senso stretto e infine per la mistagogia.

* Adulti battezzati che chiedono la cresima per completare l’iniziazione cristiana
A questi adulti vorremmo proporre un cammino omogeneo, senza farsi condizionare dall’eventuale prossimità del matrimonio. In determinati casi, come quello di conviventi, si dovrà chiedere che la Cresima sia ricevuta dopo il matrimonio (cf. Decreto Generale CEI sul matrimonio canonico, n.8).
E’ importante comunque che il cammino per il completamento dell’iniziazione cristiana possa svolgersi con calma e serietà, occupando tutto il tempo necessario. Indicativamente il periodo di preparazione non dovrebbe essere inferiore ad un anno, rispettando come tappe quelle dell’anno liturgico.
In quanto ai padrini, sia nel caso di adulti che in quello di adolescenti che chiedono la Cresima, è da prendere in considerazione la possibilità che venga scelto un membro adulto della comunità, per esempio il/la catechista che ha accompagnato i cresimandi.
Sarà compito, comunque, del Servizio Diocesano per il Catecumenato offrire indicazioni più dettagliate a proposito del cammino per completare l’iniziazione cristiana.

* Adulti “ricomincianti”
Anche oggi si incontrano adulti che in particolari circostanze della loro vita cercano risposte a interrogativi e speranza nelle angosce. La ricerca di senso e il bisogno di riscoprire la loro fede può sorgere in occasione della richiesta di un sacramento (il proprio matrimonio, i sacramenti dei figli, la riconciliazione…) o in occasione di un particolare evento come può essere quello di un grande dolore che colpisce e mette in crisi l’esistenza (cf. CEI, III Nota sull’iniziazione cristiana, 51-54).
Si tratta di proporre a queste persone degli itinerari differenziati sul tipo del cammino catecumenale, scandito in tappe e prolungato nel tempo.

Ai genitori, che mandano i figli alla catechesi, si potrebbe proporre, come si è accennato, un cammino parallelo a quello dei figli stessi oppure insieme con loro. Una particolare attenzione certamente va riservata ai genitori che chiedono il battesimo per il loro figlio.

Anche ai fidanzati dovrà essere proposto un serio cammino di fede e di partecipazione ecclesiale vissuto in coppia, facendo tutto il possibile per evitare una preparazione affrettata al matrimonio.

Ai penitenti, che celebrano il sacramento della riconciliazione dopo molti anni di lontananza da Cristo e dalla Chiesa, si può parimenti proporre un progetto di recupero della propria identità cristiana e di un effettivo inserimento nella vita della comunità ecclesiale.

A tutti gli altri fedeli, già battezzati e cresimati, che comunque sono alla ricerca e sentono il bisogno di “ricominciare”, riavvicinandosi a Cristo e alla Chiesa, dobbiamo essere in grado di offrire un percorso di accompagnamento per riscoprire il dono della fede e la gioia dell’appartenenza ecclesiale.

Per quanto riguarda le modalità, i tempi, i luoghi e i sussidi per l’attuazione dei suddetti itinerari, il Servizio Diocesano per il Catecumenato è incaricato di offrire suggerimenti e indicazioni attraverso il dialogo e il confronto con gli operatori pastorali a livello sia parrocchiale sia vicariale.

E’ ovvio che non si può fare tutto e subito: il progetto dell’iniziazione cristiana necessariamente prevede tempi lunghi. Intanto però ci si può orientare verso quegli itinerari che sembrano più facilmente accessibili e praticabili.

Ad ogni modo sembra importante oggigiorno superare la mentalità dei “corsi” di preparazione ai sacramenti che nella forma attuale rappresentano soltanto un aggancio e devono acquisire invece continuità nel tempo e prolungarsi oltre la celebrazione del sacramento. Se si parla di “corso di preparazione al battesimo”, “corso di preparazione al matrimonio”, “corso di preparazione alla cresima” ecc., si può sottintendere l’idea che una volta terminato il corso, tutto è compiuto. Occorre invece ragionare in termini di cammino o itinerario o percorso di vita cristiana che non solo prepara al sacramento, ma continua dopo averlo ricevuto (cf. Relazione di D. Andrea Fontana al Convegno Diocesano di Senigallia dell’11.6.2003).

La comunità soggetto dell’iniziazione cristiana

Si è già affermato, in questa Nota, che l’iniziazione cristiana è la missione stessa della Chiesa. Ma più precisamente e specificamente, a chi compete la responsabilità di offrire e attuare progetti atti a far diventare cristiani? Va detto con chiarezza che il soggetto prioritario e privilegiato dell’iniziazione cristiana e della comunicazione della fede è la parrocchia. La parrocchia riveste il carattere di centralità, anche se sono possibili e auspicabili sinergie con altri soggetti ecclesiali ed educativi.
Dobbiamo, peraltro, ulteriormente precisare: quale parrocchia? Certamente non la parrocchia intesa come “stazione di servizio”, e cioè come luogo dove si chiedono e si ricevono determinati servizi (quali i sacramenti, la catechesi, l’oratorio, servizi del volontariato…) e non ci si preoccupa di allacciare rapporti comunitari né di creare il senso di appartenenza.
Occorre piuttosto pensare alla parrocchia come una vera e propria comunità missionaria, strutturata da vere relazioni umane, grembo materno della fede, luogo della Parola, dell’eucaristia e della fraternità.

Una comunità della Parola: essa nasce, si forma ed è plasmata dall’ascolto della Parola. Sente il bisogno di una frequentazione assidua e adeguata della Bibbia, la fonte da cui scaturisce tutta la vita cristiana: è così che la fede nasce e si rafforza ed è così che sorge l’impulso missionario e cioè il bisogno di comunicare agli altri il dono della fede.

Una comunità eucaristica: custodisce la centralità della domenica, “pasqua settimanale”, il cui cuore è l’eucaristia, fonte e manifestazione del raduno dei figli di Dio. La comunione al corpo di Cristo spinge i fedeli a divenire sempre più una comunità di corresponsabili, impegnati nel rendere la parrocchia “casa e scuola di comunità” (NMI, 43) e pronti ad uscire dalle mura della Chiesa per rendere ragione della loro speranza.

Una comunità fraterna: sull’esempio del suo Signore si mette a servizio dei fratelli come segno dell’amore del Padre per tutti gli uomini. Un servizio accogliente e disinteressato verso tutti, in particolare verso coloro che sono oppressi dalle diverse povertà. Un servizio di carità per attuare una vera promozione umana e soprattutto per sostenere anche i più timidi passi verso il Vangelo e cioè verso l’incontro con Cristo.

Il processo globale di iniziazione cristiana, all’interno della parrocchia, richiede la presenza e la collaborazione di più persone, particolarmente di tutte le figure educative presenti nella comunità, seguendo la tripartizione tipica della vita cristiana secondo la Parola, la liturgia e la carità.
Il ruolo del catechista certamente riveste un’importanza determinante nel cammino di iniziazione. Alla luce delle nuove prospettive si comprende come il suo ruolo dovrà caratterizzarsi più come “accompagnatore” e “testimone” che come “maestro”. Gli stessi catechisti avvertono il bisogno di una formazione appropriata, teologica e metodologica, ma soprattutto spirituale e biblica, di tipo esperienziale: è fondamentale che al centro della formazione vi sia la parola di Dio, una parola letta, amata e testimoniata. Il problema della formazione dei catechisti è di cruciale importanza: è qui che si gioca la riuscita dell’iniziazione cristiana.
Ma il compito dell’iniziazione chiama necessariamente in causa, oltre i catechisti, molte altre figure ed una molteplicità di servizi o ministeri.
Insieme ai catechisti c’è bisogno dei “missionari”, degli animatori della liturgia, dei volontari nel servizio della carità, degli animatori dell’oratorio, degli animatori dei gruppi ecclesiali…
Il progetto dell’iniziazione cristiana stimola la parrocchia a trasformarsi in una “comunità tutta ministeriale”: una comunità quindi non “clericale”, che quasi si identifica con il parroco, ma una comunità di fratelli e sorelle corresponsabili dell’unica missione della Chiesa e disponibili a mettere al servizio degli altri i doni ricevuti dallo Spirito del Signore.

Aggregazioni ecclesiali

In quanto ad altri soggetti ecclesiali, coinvolti nel processo di iniziazione cristiana, non possiamo fare a meno di accennare alle associazioni e ai movimenti ecclesiali. Occorre riconoscere l’opera preziosa di queste aggregazioni che ottengono spesso confortanti risultati di autentica evangelizzazione e formazione di credenti e di evangelizzatori (Card. Ruini). Bisogna peraltro richiamare la necessità che si inseriscano con vero spirito di comunione nel tessuto parrocchiale e diocesano. Come ha recentemente affermato lo stesso Presidente della C.E.I., è necessario che la parrocchia e le aggregazioni ecclesiali entrino in un rapporto di reciproca collaborazione e integrazione, un rapporto che si potrebbe qualificare come “pastorale integrata”.
Un contributo significativo, in questa direzione, viene dall’Azione Cattolica che, approvando nell’ultima assemblea straordinaria il suo nuovo statuto, ha confermato la sua vocazione alla comunione e alla missionarietà: proprio per questa sua specificità di essere al servizio della Chiesa locale torno a raccomandare che sia promossa e rilanciata in tutte le parrocchie della nostra diocesi.

Missione popolare

Il compito dell’iniziazione cristiana non si pone in alternativa alla scelta compiuta dalla nostra Diocesi, in occasione dell’anno giubilare, della missione popolare: la missione del popolo al popolo. Al contrario, la missione popolare, attraverso la visita alle famiglie e i centri d’ascolto, può essere considerata come un momento dello stesso processo di iniziazione o comunque come un’occasione propizia per proporre agli adulti, particolarmente alle famiglie giovani, un più approfondito e organico cammino di riscoperta della fede.
Pur registrandosi alcuni segni di comprensibile stanchezza, fatto fisiologico nel perdurare di un non facile impegno, va tuttavia riconosciuta la piena validità di questa particolare forma di comunicazione del Vangelo.
Nel chiedere a tutte le parrocchie di perseverare in questo impegno, rivolgo soprattutto ai “missionari” che visitano le famiglie e animano i centri d’ascolto il mio più vivo incoraggiamento a continuare il loro prezioso servizio.
Nel nuovo anno pastorale la missione popolare verterà sugli Atti degli Apostoli: sarà questo il libro neotestamentario che verrà consegnato alle famiglie e formerà oggetto di riflessione nei centri d’ascolto. Confidiamo che la familiarità con il testo di Luca offra l’occasione per riscoprire la natura e la missione della Chiesa come pure per ripensare al senso di appartenenza alla comunità cristiana.
Al termine dell’anno pastorale 2003-2004 compiremo una verifica del cammino finora compiuto dalla missione e insieme cercheremo di individuare le opportune scelte per il futuro.

Pastorale giovanile

Nel precedente anno pastorale avevamo indicato come scelta prioritaria la pastorale giovanile. Anche questa scelta conserva tuttora la sua piena validità. La riflessione sull’iniziazione cristiana e le indicazioni a questo riguardo qui contenute offrono importanti spunti per dare corpo all’attenzione pastorale verso il mondo giovanile.
Sono da prendere in seria considerazione gli orientamenti circa la continuità e la gradualità dei cammini di fede a cominciare dall’infanzia fino all’età adulta. Come si accennava, è importante proporre anche ai giovani, particolarmente ai fidanzati, non tanto dei “corsi” quanto degli “itinerari” o “percorsi” di vita cristiana. Per tutta la pastorale giovanile, che comprende in qualche modo anche la pastorale dei ragazzi e degli adolescenti, vale la necessità del passaggio dai “catechismi della dottrina” alla catechesi o evangelizzazione per la vita.
Il progetto triennale di pastorale giovanile diocesana prevede per quest’anno il tema del “discernimento”. E’ questo un anno importante per invitare i giovani a mettersi in ricerca, a riflettere sulla loro vocazione, a fare scelte di vita significative, a trovare il loro ruolo nella comunità dei credenti.
A tale riguardo si darà vita a Senigallia ad una forma di “comunità giovanile”: si tratta di un’occasione che consente ad alcuni giovani di vivere, per un mese, un’esperienza di vita comune. L’obiettivo è quello di creare un vero “laboratorio di fede”, in cui i giovani fanno discernimento, conducono un’esperienza spirituale forte, e diventano capaci di testimoniare il Vangelo con un fattivo impegno nella comunità ecclesiale e nei luoghi – la famiglia, la scuola, il lavoro, il tempo libero – dove trascorrono la loro vita. Si tratta, fondamentalmente, di un’esperienza di comunione che dovrà sfociare nella missionarietà.
Registriamo con soddisfazione che in alcune parrocchie, nell’anno passato, è stato aperto oppure valorizzato l’oratorio. E’ questo un obiettivo che indubbiamente va perseguito anche nel nuovo anno pastorale e nei prossimi anni. L’oratorio, inteso non solo come luogo di aggregazione e di ricreazione, ma anche di esperienza della fede, appare ancor oggi come un prezioso strumento per l’accompagnamento dei ragazzi nel processo educativo.

Conclusione

Il programma pastorale 2003-2004 chiede a tutti gli operatori pastorali e a tutte le parrocchie di pensare ai primi passi da compiere per far maturare nelle comunità cristiane la “conversione pastorale” riguardante l’iniziazione cristiana. Se ne discuta nei consigli pastorali parrocchiali e con coloro – catechisti, missionari, animatori, educatori – che sono impegnati nella comunicazione del Vangelo e particolarmente nei processi educativi.
E’ importante che cresca in tutti la consapevolezza che l’iniziazione cristiana non è una delle tante attività della parrocchia, ma il problema centrale della pastorale, nel quale è in gioco il volto attuale e di domani delle nostre comunità.
E’ parimenti importante camminare insieme, senza aver paura del rinnovamento, ma fiduciosi nella presenza del Signore, che è “sempre con noi” (cf. Mt 28,20), e nell’azione dello Spirito Santo, che accompagna tutta la Chiesa nel suo cammino verso il Padre.

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