Le parole del profeta Isaia («Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse», Is 9,1) e la segnalazione dell’evangelista Luca («C’erano in quella regione alcuni pastori che pernottavano all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge», Lc 2,8) illustrano bene la nostra condizione di questi tempi: siamo un popolo che cammina al buio, nelle tenebre, perché, da quanto riferiscono le cronache quotidiane, abbiamo smarrito la strada di una vita, personale e sociale, “buona”, che proprio perché buona la rende ai nostri occhi “bella” e ce la fa godere come “felice”.
Ci riconosciamo nei pastori del vangelo, costretti a vegliare nella notte per difendere il loro gregge dai ladri e dagli animali predatori. Anche noi ci sentiamo costretti a “fare la guardia”, a stare in guardia, non solo dai ladri che violano e derubano le nostre case, ma anche da quanto sta accadendo nella nostra vita e attorno a noi, nel mondo, che sentiamo come minaccia seria, drammatica per la nostra esistenza.
Nel testo del profeta Isaia (9,1-6) e nel racconto di Luca (Lc 2,1-10) c’è un seguito: sia il “popolo che camminava nelle tenebre”, sia i pastori che “vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge”, sono raggiunti e avvolti da una luce, in seguito alla bella notizia della nascita di un bambino, come segnala il profeta Isaia: «perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio…egli viene a consolidare il diritto e la giustizia».
Gli fa eco l’evangelista Luca: «Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo, oggi… è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.. questo per voi un segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (2,10-11).
Oggi siamo noi i destinatari di queste parole che squarciano le tenebre che avvolgono il nostro cammino, siamo noi invitati a non temere, a motivo di quel bambino, della cui nascita ogni anno facciamo memoria viva.
E questo bambino è il nostro Salvatore, il mio Salvatore, il Salvatore della mia vita, perché, come scrive l’apostolo Paolo al discepolo Tito, è «la grazia di Dio… che ci insegna a rinnegare l’empietà (quella che provoca tanti danni nella vita delle persone) e i desideri mondani (quelli che ingannano e deludono) e a vivere in questo mondo con sobrietà (con libertà), con giustizia e pietà (quelle che danno serenità e sicurezza alla vita di tutti)», perché, scrive sempre Paolo, «ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo…pieno di zelo per le opere buone (quelle che tutti noi desideriamo e che da soli non sempre riusciamo a compiere)».
Accogliamo con fiducia al “bella notizia” del profeta Isaia, impariamo dai pastori che hanno dato ascolto alle parole dell’angelo e andiamo a “vedere” questo bambino che “è nato per noi”, perché possiamo renderci conto che gli angeli non ci hanno ingannato quando hanno parlato di un bambino, la cui nascita è motivo di gioia e di speranza per tutti, perché anche noi possiamo raccontare di un Dio che non abbandona i propri figli a se stessi, alle tante follie che le cronache di ogni giorno ci segnalano, ma che vuole riscattare la loro esistenza dal male che avvelena le relazioni tra le persone, tra le nazioni, che oscura il futuro, impoverendolo di speranza.