Omelia nella celebrazione di apertura dell’Assemblea conclusiva della seconda fase del Sinodo Diocesano (Senigallia, Chiesa dei Cancelli, 6 giugno 2011)

Senigallia, 6 giugno 2011

1) In questo momento culminante della seconda fase del nostro Sinodo Diocesano non possiamo non pensare al Concilio di Gerusalemme, il primo Sinodo nella storia della Chiesa, quando gli apostoli si erano riuniti in preghiera per confrontarsi sui problemi della Chiesa nascente, mettendosi in ascolto di ciò che lo Spirito Santo avrebbe detto loro circa la volontà del Signore.
Anche noi siamo qui riuniti in preghiera, convocati per esercitare il discernimento e la corresponsabilità, chiedendoci: quale Chiesa dobbiamo costruire? Quale Chiesa vuole il Signore Gesù? Siamo consapevoli che è lo Spirito Santo che deve illuminare la nostra mente e riscaldare i nostri cuori: è lui che deve ispirare i nostri pensieri e le nostre scelte. E’ lui che deve guidare il nostro cammino. E’ Lui che può rinnovare, dare slancio, nuova vitalità alla nostra Chiesa.
Perciò lo invochiamo: Vieni Spirito Santo, riempi il cuore dei Sacerdoti: allontana da loro la tentazione della sfiducia e dello scoraggiamento. Vieni Spirito Santo, riempi i cuori dei religiosi e delle religiose, delle persone consacrate: fa risplendere nella nostra Chiesa la radicalità della loro testimonianza evangelica, la nostalgia delle beatitudini. Vieni Spirito Santo, riempi il cuore dei laici: si sentano corresponsabili insieme ai pastori, ciascuno con il proprio ruolo, nel far diventare la nostra Chiesa “specchio” della Trinità, “un cuor solo e un’anima sola”.

2) Il Sinodo Diocesano per la sua stessa natura è un’assemblea che ha lo scopo di aiutare il Vescovo nella guida pastorale della Diocesi. Come è noto, in questa particolare fase del nostro Sinodo si è chiamati a fornire riflessioni, indirizzi, linee guida, suggerimenti, proposte su come vivere e incarnare il mistero della Chiesa come comunione. Tutto ciò che diremo, esplicitamente o implicitamente non potrà non avere riferimento alla Parola di Dio e all’insegnamento della Chiesa, in particolare alla dottrina della fede formulata dalla costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, del Concilio Ecumenico Vaticano II. Se ci fossero dei dubbi interpretativi su alcune dichiarazioni del Sinodo, diciamo fin da ora che tutto va visto nella luce del Concilio, di cui il nostro Sinodo vuole essere una fedele espressione ed applicazione. Peraltro in questo nostro convenire in assemblea vogliamo sentirci in piena comunione con il successore di Pietro, principio visibile e fondamento di unità della Chiesa, e attraverso di lui vogliamo sentirci uniti a tutta la Chiesa.

3. Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato ci richiama con parole semplici e penetranti la realtà del mistero della Chiesa-comunione. “Io sono la vite, voi i tralci… rimanete in me e io in voi” (Gv 15,1-9). Non esiste comunione nella Chiesa, se non si parte da Cristo. Dalla comunione dei cristiani con Cristo scaturisce la comunione dei cristiani tra di loro: tutti sono tralci dell’unica vite, che è Cristo. E la comunione con Cristo è anche la comunione con la Ss.Trinità, perché Cristo è indissociabilmente unito al Padre e allo Spirito Santo; di conseguenza la comunione tra i cristiani è chiamata ad essere specchio, riflesso, manifestazione della comunione che esiste tra le tre persone divine. La fonte di questa comunione è essenzialmente l’eucaristia: l’eucaristia produce l’intima unione dei fedeli con Cristo e allo stesso tempo crea l’unione tra gli stessi fedeli. La Chiesa è mistero di comunione con Dio e tra gli uomini, ma chi fa la Chiesa come comunione non sono in primo luogo le nostre opere, le nostre iniziative, le nostre strutture, i nostri programmi, il tipo delle nostre relazioni umane, ma l’eucaristia, frutto dello Spirito Santo. Senza l’eucaristia non c’è comunione ecclesiale. Perciò la comunione ecclesiale non può essere interpretata in modo adeguato se viene intesa come una realtà semplicemente sociologica e psicologica (Chfl 19).

4. La comunione ecclesiale si configura più precisamente come una comunione gerarchica o organica. Gerarchica nel senso che vi è una distinzione di ruoli, stabilita dallo stesso Signore Gesù; organica nel senso che è analoga a quello di un corpo vivo e operante. Essa infatti è caratterizzata dalla compresenza della diversità e della complementarietà delle vocazioni e condizioni di vita, dei ministeri, dei carismi e delle responsabilità. Grazie a questa complementarietà ogni fedele laico si trova in relazione con tutto il corpo e ad esso offre il proprio contributo.
A questo riguardo auspico vivamente che il nostro Sinodo approfondisca l’aspetto, molto importante e concreto, della corresponsabilità, intesa come peculiare forma e via di comunione ecclesiale. Mi auguro che il nostro Sinodo, aldilà delle enunciazioni di principio, giunga a suggerire forme concrete di corresponsabilità in vista di un altrettanto concreto rinnovamento della nostra comunità ecclesiale nella piena fedeltà alla parola del Signore e all’insegnamento della Chiesa.

5. Cari Sinodali, grazie di cuore per il lavoro preziosissimo che avete svolto in questo secondo Anno del Sinodo e che svolgerete in questa sessione: si tratta di collaborare con lo Spirito Santo per costruire nel nostro territorio una Chiesa che sia segno della Trinità e strumento di unità. Ci accompagni e ci sostenga in questo lavoro Maria Ss., Madre della Chiesa: invochiamo con insistenza la sua materna protezione, perché aiuti anche noi, come i servi alle nozze di Cana, a “fare tutto quello che il suo Figlio ci dirà” (cf. Gv 2,5).