Omelia nella Messa crismale del Giovedì Santo (Cattedrale di Senigallia, 5 aprile 2012)

Senigallia, 5 aprile 2012

1. Vogliamo lodare e benedire il Signore che anche quest’anno ci concede la grazia, a me in modo particolare in questo quindicesimo anniversario della mia ordinazione episcopale e del mio ministero tra voi, di vivere insieme la celebrazione della Messa crismale, “epifania della Chiesa”.
Saluto tutti voi, fratelli e sorelle, che vi siete qui raccolti provenienti da diverse parrocchie della Diocesi: insieme costituiamo quel popolo di Dio, che attraverso il battesimo è divenuto partecipe del ministero profetico, sacerdotale e regale di Cristo.
In questo giorno in cui ricordiamo l’istituzione del sacerdozio oltre che dell’eucaristia il mio particolare e speciale saluto va a tutti voi, carissimi sacerdoti, che insieme con me formate il presbiterio diocesano: oggi è la nostra festa, è il nostro compleanno sacramentale. Vi saluto tutti con grande affetto e riconoscenza per quello che siete e per quello che fate. Tutti insieme ringraziamo il Signore per il dono grandissimo, immeritato, che ci ha fatto chiamandoci a partecipare al suo sacerdozio.
In questa occasione oltre ai confratelli che quest’anno celebrano un particolare anniversario di ordinazione, vogliamo ricordare nella preghiera coloro che sono malati o impossibilitati ad essere qui presenti. Soprattutto vogliamo ricordare il nostro amato e venerato Vescovo emerito Odo, che quest’anno celebra il 70° anniversario della sua ordinazione sacerdotale e che in questo momento dal letto dell’Ospedale si unisce spiritualmente a noi. Ricordiamo anche il Vescovo emerito Mario; anch’egli, nella malattia, partecipa spiritualmente alla nostra celebrazione.
Saluto i diaconi, con i quali noi vescovi e sacerdoti condividiamo l’ordine sacro; tra loro speriamo di annoverare il prossimo 14 luglio il seminarista Paolo Vagni che si prepara al sacerdozio; saluto gli altri seminaristi, i religiosi, le sorelle consacrate. Saluto con piacere e simpatia voi ragazzi della Cresima; vi ringrazio che siete venuti: il giorno della Confermazione sarete unti con il sacro crisma che viene consacrato in questa Messa, è l’olio che con la forza dello Spirito Santo vi farà diventare testimoni di Cristo. Questo stesso crisma, a Dio piacendo, sarà utilizzato per consacrare nel corso dell’anno un nuovo sacerdote, Don Leonardo Pelonara.
Saluto inoltre, ringraziandoli per la loro generosa disponibilità, i ministri straordinari della comunione: quelli che oggi saranno istituiti e quelli che saranno confermati nel loro servizio.

2. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci riporta le parole di Gesù pronunciate nella sinagoga di Nazaret all’inizio del suo ministero: “Lo Spirito del Signore è sopra di me… mi ha mandato ad annunciare un lieto annuncio” (Lc 4,16-21).
Anche noi, ministri ordinati, abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo, per mezzo della preghiera consacratoria e dell’unzione del sacro crisma: l’olio profumato, che benediremo nuovamente tra poco.
Abbiamo ricevuto lo Spirito Santo per portare al mondo l’annuncio gioioso dell’amore di Dio, per liberare tante persone dalla delusione e dalla tristezza del peccato, per aiutarle a vivere una vita e buona e bella secondo il Vangelo. Ma il lieto messaggio possiamo portarlo al mondo in maniera credibile e convincente solo se abbiamo il cuore lieto.
Diciamolo pure: il nostro cuore non sempre è lieto, il nostro volto non sempre è gioioso. A volte siamo sopraffatti dalla tristezza, che deriva dalla sofferenza: sofferenza non tanto fisica, ma morale. Sperimentiamo la povertà del nostro essere e del nostro impegno pastorale: ci vediamo impari di fronte alle sfide del nostro tempo, amareggiati per l’indifferenza di non pochi battezzati, delusi per la “fuga” delle nuove generazioni, incompresi dai collaboratori, rinchiusi nella solitudine.
Forse facciamo difficoltà a cogliere i segni positivi, che pur ci sono, nella nostra storia: sono i segni della presenza di Dio in mezzo a noi e della sua grazia. Forse non apprezziamo abbastanza le tante cose belle che pur ci sono nella nostra Chiesa: l’unità del nostro presbiterio, lo slancio della pastorale giovanile, l’impegno della Caritas diocesana e parrocchiale, le prossime ordinazioni al ministero, la prossima consacrazione nell’Ordo Virginum della nostra sorella Chiara Pongetti, l’adorazione perpetua dell’Eucaristia, il nuovo clima di collaborazione tra i movimenti e le associazioni ecclesiali, il Sinodo diocesano…
Peraltro, non dobbiamo dimenticare che i motivi della sofferenza del sacerdote sono più profondi di quelli accennati: il sacerdote partecipa alla sofferenza di Dio, alla sua passione di amore per l’uomo. E’ la sofferenza del Buon Pastore che non si dà pace finché non ritrova la pecorella smarrita. E’ la stessa sofferenza di Gesù che sulla croce lo fa gridare: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. E certamente la nostra sofferenza potrebbe anche dipendere dalla nostra poca fede: “Uomo di poca fede, perché hai avuto paura?” (Mt 14,31).
Per recuperare la gioia ed essere perciò annunciatori credibili del Vangelo abbiamo bisogno di convincerci che non siamo “lavoratori in proprio”. E’ Dio che ci manda a seminare nel suo campo. Ci pensa lui a far crescere ciò che abbiamo seminato. Noi dobbiamo seminare gratis e con fiducia, con amore, con passione e non in base ai risultati.
Chi getta il seme nel campo non prova subito la gioia della mietitura. Deve aspettare che il seme germogli. La parola di Dio che viene seminata nel cuore dell’uomo ha una potenza intrinseca, ma i frutti arrivano quando e come Dio vuole. E’ anche possibile che altri seminano e altri mietono.
Cari sacerdoti, che cosa dobbiamo fare, più precisamente, per svolgere il nostro ministero con gioia? Il primo atteggiamento è quello di avere una maggiore fiducia in Dio e coltivare un costante, profondo dialogo con lui. Di fronte ai tanti problemi e alle tante aspettative c’è la tentazione di “fare”, “correre”, “lavorare”. La nostra forza invece nasce dalla preghiera, dall’Eucaristia, dall’adorazione, dalla meditazione della Parola di Dio.
Il secondo atteggiamento è quello della comunione presbiterale. Di fronte ai problemi del nostro tempo e alle difficoltà della nostra pastorale nessuno oggi può ritenersi autosufficiente. Bisogna che collaboriamo insieme nello spirito della comunione presbiterale, comunione che non è facile, ma che dobbiamo costruire insieme. Per questo rivolgo a tutti voi l’invito:
a incontrarvi spesso nelle vicarie
a partecipare assiduamente agli incontri pastorali diocesani
a partecipare quest’anno, a giugno, agli esercizi spirituali che faremo insieme, come presbiterio diocesano, a Collevalenza
a partecipare alle giornate residenziali che continueremo a tenere in autunno
a collaborare soprattutto nella formazione delle unità pastorali: questo è uno degli obiettivi principali che insieme abbiamo deciso nel nostro Sinodo nella fase dedicata alla comunione. E’ un obiettivo imprescindibile, a cui dovremmo tendere gradualmente, con prudenza, ma decisamente per il bene nostro e della nostra Chiesa. Se collaboriamo, se progettiamo insieme, se decidiamo insieme, allora, pur nella scarsità dei sacerdoti, riusciremo a soddisfare le legittime aspettative della nostra gente.
Il Signore ci faccia sperimentare la gioia di essere uniti nel presbiterio diocesano e la gioia di lavorare insieme. Tra poco rinnoveremo le promesse dell’ordinazione sacerdotale. Il Signore ci aiuti a tornare a lavorare nella sua vigna carichi di fiducia per annunciare con gioia e speranza il lieto messaggio della sua salvezza.
E voi, cari fedeli, sosteneteci con la vostra preghiera, con il vostro affetto e con la vostra amicizia. Voi siete la nostra famiglia. Noi abbiamo bisogno di voi come voi avete bisogno di noi. Il Signore ci ha affidato reciprocamente gli uni gli altri perché ci aiutiamo a vicenda nella collaborazione e nella corresponsabilità per camminare sulla via della santità e per costruire la Chiesa così come la vuole il Signore e come ci chiede il nostro Sinodo diocesano: la Chiesa come comunione e come missione. A tutti il mio più cordiale, affettuoso augurio di una Santa Pasqua nella gioia inestinguibile del Signore risorto.