Omelia nella Messa teletrasmessa da Rai 1 in occassione dell’alluvione (Chiesa Catedrale di Senigallia, domenica 13 luglio 2014)

Senigallia, domenica 13 luglio 2014

1. “Il seminatore uscì a seminare” (Mt 13,3). Come è bella questa immagine! Gesù è il divino seminatore che a larghe mani getta la semente che dà vita, speranza, salvezza in tutta la varietà dei terreni umani. E’ così generoso che getta la semente anche su terreni infecondi e inospitali. E’ consolante sapere che Dio non è lontano da noi: è vicino, partecipa alla nostra storia, è presente nel mondo, non semplicemente come spettatore, ma come fonte di vita, seminatore di semi di fraternità e di risurrezione.
2. Il terreno su cui cade il seme è la creazione. Nella seconda lettura San Paolo dice che “tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22). E’ un gemito, una sofferenza, che noi sentiamo sia dentro la nostra carne mortale e caduca, sia dentro la società così attraversata dai flagelli delle disuguaglianze, delle sopraffazioni e delle guerre, sia dentro la stessa creazione fisica. Il creato, voluto da Dio per essere al servizio dell’uomo, è stato purtroppo deturpato dal peccato e a volte sembra ribellarsi e diventare strumento di morte e distruzione.
Eppure tutta la creazione è in cammino, insieme con l’uomo, verso la sua piena liberazione da ogni schiavitù e criticità. Infatti siamo in attesa, come ci dice la Scrittura, dei “cieli nuovi e terra nuova” (2 Pt 3,13) che si realizzeranno alla fine dei tempi: grazie ai semi di vita che Dio semina nel nostro mondo, progredisce tra noi il Regno di Dio e ci avviciniamo alla realizzazione di quel mondo nuovo, mondo di armonia e libertà, a cui tende tutta la creazione.
In questa attesa, peraltro, tutti siamo chiamati a custodire e salvaguardare il creato come un dono prezioso che Dio fa all’umanità; tutti, singoli e istituzioni, siamo responsabili della sua cura e occorre che teniamo sempre desta la coscienza perché l’ambiente non degradi, non diventi distruttivo, ma sia casa accogliente per tutti.
3. Il 3 maggio scorso una disastrosa alluvione ha colpito la nostra città di Senigallia e il territorio circostante. Questa calamità naturale ha creato nel cuore degli abitanti un cumulo di sentimenti: la paura insieme al coraggio, la rabbia insieme alla compassione, il sollievo e la gratitudine per i maggiori pericoli scampati, i dubbi sul perché di questa prova.
A distanza di tempo vogliamo avere orecchi per ascoltare il messaggio di fede che ci raggiunge anche a partire da questo evento calamitoso.
Pur nella sofferenza per la perdita di vite umane e per gli ingenti danni alle case e alle attività economiche provocati dall’acqua e dal fango, il Signore non ci ha abbandonato. Anche in questo contesto gravemente critico è caduta e ha dato frutto la sua semente di vita e risurrezione.
Siamo rimasti molto colpiti dal grande movimento di solidarietà e fraternità che in questa emergenza si è registrato nel nostro territorio. Tantissimi volontari, specialmente giovani, coordinati dalla Caritas e in collaborazione con le Istituzioni, si sono prodigati per esprimere vicinanza e prestare servizio agli alluvionati. A tutti loro, come pure alle Istituzioni, in particolare all’Amministrazione comunale, ai diversi corpi dello Stato, alla CEI, alla Caritas diocesana e delle Chiese sorelle e a quanti hanno manifestato la loro solidarietà va la nostra più viva gratitudine, che esprimiamo attraverso la preghiera in questa stessa celebrazione.
Allo stesso tempo vorremmo evidenziare quanto abbiamo registrato nella nostra gente: una forte volontà di ripresa, di “rimboccarsi le maniche”, di sanare al più presto le ferite: i risultati sono già sotto gli occhi di tutti, tanto che non sono più visibili, esternamente, i segni dell’evento calamitoso.

4. Sì, in questa emergenza insieme si è sofferto, temuto, pianto e insieme si è sperato e ci si è dati da fare: tutto questo ha unito in fraternità tante persone non solo amiche, ma anche sconosciute. La parola della fede torna a proclamare che la sofferenza non ha l’ultima parola, il male – anche quello fisico – può essere vinto dal bene; anche il fango, come quello che ha invaso le nostre strade, le nostre case, chiese, scuole, luoghi di lavoro, raggiunto dal buon seme della parola di Cristo, è diventato terreno fecondo. Il Signore ci aiuti perché anche nei momenti più difficili dell’esistenza non venga mai a mancare la nostra fiducia in lui.
Così sia.