Omelia nella Santa Messa Crismale (Cattedrale di Senigallia, Giovedì Santo, 17 Aprile 2003)

Senigallia, 17 aprile 2003

1. “Canterò per sempre l’amore del Signore”: così abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale, accogliendo l’invito della liturgia ad esprimere la nostra gioiosa gratitudine per i doni che il Signore proprio in questo giorno ci ha fatto. Il Giovedì Santo è la festa dei Sacerdoti. E’ nel primo Giovedì Santo della storia cristiana che noi siamo nati. Come un figlio nasce dal seno della madre, così siamo nati noi dall’unico ed eterno sacerdozio di Cristo. Siamo nati nell’Ultima Cena, quando Gesù ha istituito l’Eucaristia ed ha detto: “Fate questo in memoria di me”. Siamo nati insieme a tutto il Popolo di Dio della Nuova Alleanza. Nati per servire questo stesso popolo con la Parola, i Sacramenti e la Carità cosicché possa raggiungere la salvezza.
“Canterò per sempre l’amore del Signore”: grazie, Signore, per averci scelti e consacrati con l’unzione del tuo Spirito. Ci hai scelto non per i nostri meriti, ma perché ci hai voluto bene. Grazie, Signore, per aver avuto fiducia in noi, nonostante la nostra debolezza e fragilità umana. Grazie per averci configurati a Te, come ministri della tua grazia.
In questo giorno vorremmo provare il desiderio di tornare ad essere il prete novello di una volta. Vorremmo ritrovare l’entusiasmo e lo slancio di allora. Vorremmo lasciarci afferrare ancora una volta dallo Spirito del Signore: è lo stesso Spirito di cui ha parlato profeticamente Isaia (cf. Is 61,1-3.6.8-9) e di cui ci ha dato testimonianza Gesù nella Sinagoga di Nazaret (Lc 4,16-21): “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio…” (Lc 4,18). Con la stessa intensità e determinazione di allora vorremmo oggi rinnovare le nostre promesse sacerdotali.

2. In questo Giovedì Santo dell’anno 2003 il Papa dona alla Chiesa la sua nuova enciclica, che è incentrata sull’Eucaristia: Ecclesia de Eucharistia. E’ la stessa enciclica che oggi consegno nelle vostre mani, carissimi confratelli. Il dono del Sacerdozio e quello dell’Eucaristia sono intimamente congiunti. Entrambi ci sono stati dati nell’Ultima Cena. L’Eucaristia non è possibile senza il Sacerdozio e il Sacerdozio è essenzialmente orientato all’Eucaristia. Il documento che il Papa ci offre è insieme un atto di amore e un grido di dolore.

3. E’ un atto di amore per la presenza reale di Cristo nel sacramento dell’altare. L’Eucaristia contiene il bene più prezioso della Chiesa: la presenza salvifica del suo Signore. La Chiesa ha ricevuto l’Eucaristia non come un dono tra i tanti, ma come il dono per eccellenza, perché dono che Gesù fa di se stesso, della sua persona e della sua opera di salvezza.
La Chiesa vive dell’Eucaristia: questo è il concetto centrale, il cuore dell’enciclica. La Chiesa in effetti si forma, si nutre e viene illuminata dall’Eucaristia. Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia è la stessa opera della redenzione che si compie. Mistero della fede, l’Eucaristia rende presente non solo il mistero della passione e della morte del Salvatore, ma anche il mistero della risurrezione.
L’Eucaristia è il sacramento che edifica la Chiesa perché è il sacramento della comunione: crea la comunione con Dio e la comunione dei fedeli tra di loro. Sacramento della comunione, che può essere celebrato solo nella comunione: comunione con il Vescovo, con il Papa, con i confratelli, con la comunità dei fedeli.

4. La lettera enciclica del Papa è anche un grido di dolore nel vedere, come scriveva Sant’Alfonso, che Gesù eucaristico è sempre “meno riverito e più abbandonato”. Molti battezzati disertano la Messa domenicale: non ne avvertono il valore e il bisogno. Se alta è la frequenza dei nostri stessi ragazzi alla catechesi, bassa è la loro frequenza all’Eucaristia. Alla trascuratezza nei confronti del “mirabile sacramento” della suprema donazione di Cristo si aggiunge il fatto di alcuni abusi che oscurano la retta fede e la dottrina cattolica sull’Eucaristia. Ci si dimentica a volte che la liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante, né della comunità dove si celebrano i Misteri; le norme liturgiche, in realtà, vanno osservate con grande fedeltà: sono espressione concreta dell’autentica ecclesialità dell’Eucaristia.
Il Papa lamenta il fatto di quanti si accostano con superficialità o non in stato di grazia alla mensa eucaristica. Come sacerdoti abbiamo la responsabilità di custodire con la massima cura e premura le ostie consacrate: l’Eucaristia deve essere trattata come il bene più grande e prezioso, riservandogli l’attenzione amorevole e l’onore che gli è dovuto. Il Papa, poi, oltre a raccomandare sulla scia del Concilio la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, anche quando non ci sono i fedeli, perché è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, raccomanda a tutti, sacerdoti e fedeli, l’adorazione del Santissimo al di fuori della Messa: è una pratica che va ripresa e decisamente incoraggiata anche nella nostra Diocesi. Il culto eucaristico deve veramente diventare il centro della nostra vita spirituale: è qui la fonte e il sostegno del ministero, è qui il segreto delle vocazioni, è qui la forza della testimonianza cristiana e della missionarietà della Chiesa.

5. Fratelli e sorelle, vi è un nesso inscindibile tra la Chiesa e l’Eucaristia. La Chiesa non può vivere senza l’Eucaristia. A noi sacerdoti è affidato il potere di rendere sacramentalmente presente il Corpo e il Sangue del Signore; Corpo e Sangue che ci vengono donati e dobbiamo custodire gelosamente perché diventino per noi e per i fedeli il nostro cibo e la nostra bevanda, la nostra forza il pegno della vita futura. Se trascurassimo l’Eucaristia, quali frutti produrrebbe il nostro ministero, quali risultati otterrebbero le nostre fatiche pastorali?
Anche voi, ministri ausiliari della Comunione, che oggi vi immetto o vi rinnovo nel vostro incarico, siate consapevoli della dignità e della delicatezza del vostro ministero: trattate l’Eucaristia come il tesoro più prezioso, conformandovi all’atteggiamento di Gesù che per noi ha dato la vita.
E tutti voi, carissimi fedeli, abbiate la più grande devozione e la più viva riconoscenza per il dono di sé che il Signore ci ha fatto. Ciascuno di noi possa ripetere con il Salmista: “Canterò per sempre l’amore del Signore”.