Omelia nella Solennità del Patrono S.Paolino da Nola (4 maggio 2001)

Senigallia, 4 maggio 2001

Se avessi ogni dono e possedessi ogni cosa, ma non avessi la carità – dice S.Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi – non sarei nulla; allo stesso modo, aggiunge l’Apostolo, se distribuissi tutti i miei beni e addirittura se offrissi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, a nulla mi giova (cf. 1 Cor 12,31-13,13).

            La carità è la perfezione della vita cristiana, è la legge fondamentale della morale evangelica, è il criterio della santità. Dire carità significa dire amore. Il Santo è colui che ha la carità: è colui che ama.

            Il nostro Patrono, Paolino, è riconosciuto come Santo, perché ha avuto la carità, ha amato. Ha praticato l’amore nei vari ambienti e stati di vita in cui è venuto a trovarsi: come marito e padre, ha amato la famiglia; come monaco, sacerdote e vescovo ha amato la Chiesa; come uomo politico (magistrato, senatore, console, governatore), ha amato la “polis”, la collettività affidata alla sua giurisdizione e responsabilità.

.           Nella festa del nostro Santo Patrono, che celebriamo in quest’anno 2001 all’inizio del terzo millennio, possiamo soffermare la nostra attenzione su un aspetto particolare per il quale egli ci offre un significativo esempio. Possiamo cogliere la sua lezione di vita, concentrandoci su questa espressione: amare la città.

Amare la città, significa in primo luogo essere appassionati del bene comune, reagendo ad ogni tentazione di chiusura e di riflusso, superando ogni motivo che spinga al disinteresse e alla critica distruttiva. Se si ama la città, occorre vincere la tentazione dell’assenteismo, della delega in bianco, del disimpegno. La città riguarda la vita di tutti e di ciascuno. La città ha bisogno del contributo di ognuno, secondo le proprie capacità. Ha bisogno in particolare della partecipazione dei cittadini nei momenti in cui si devono scegliere i propri rappresentanti, coloro che direttamente avranno la responsabilità del bene comune.

I cristiani sanno che tra i peccati che bisogna confessare c’è anche – forse è il più frequente – quello di omissione, che consiste nel rinunciare ad assumersi le proprie responsabilità, nel lavarsi le mani di fronte ai problemi. Il Magistero della Chiesa ricorda che l’impegno politico, l’impegno per la “polis”, “è una maniera esigente, benchè non l’unica, di vivere l’impegno cristiano a servizio degli altri” (Octogesima Adveniens, 46): è una maniera esigente di vivere la carità, cioè l’amore verso i fratelli.

Amare la città, vuol dire essere innamorati della vita e del suo affascinante mistero, di accoglierla e promuoverla con amore in ogni suo stadio e situazione. Significa dilatare gli spazi del cuore e della mente per accogliere come fratelli non solo i turisti, ma anche quanti cercano un lavoro, una casa, migliori condizioni di vita. Di fronte al complesso fenomeno della immigrazione e della multietnicità, si tratta di coniugare l’atteggiamento di ospitalità con il rifiuto di ogni illegalità, la propria identità culturale con il dialogo con le altre culture e religioni.

         Amare la città, significa desiderare una città pulita. Pulita non solo fisicamente, nelle strade, nei parchi, nei locali, nel mare, nei fiumi, nell’aria. C’è un’altra ecologia non meno importante di quella fisica: è l’ecologia umana, che comporta una pulizia del cuore e della mente. Un’ecologia che radichi nelle persone sentimenti e atteggiamenti di rispetto verso se stessi, verso gli altri e verso tutto ciò che appartiene alla comunità e al bene comune. Una città pulita, dove ci si preoccupa non solo della propria libertà ma anche della libertà degli altri; dove non si dà scandalo a nessuno, soprattutto non si dà scandalo ai piccoli, con scelte ed atteggiamenti che sono contro la decenza e il rispetto della persona umana. Una città pulita, dove ci si prodiga per eliminare forme antiche e nuove di schiavitù, come la prostituzione e la dipendenza da sostanze stupefacenti, dall’alcool, dal gioco d’azzardo. Dovrebbe essere desiderio di tutti fare bella la città, non solo esternamente, ma anche nella vita dei suoi abitanti, perché la città sia una casa abitabile, dove ciascuno si sente a suo agio, è accolto, è rispettato, è garantito nella sua sicurezza e può realizzarsi in pienezza.

Amare la città in ultima analisi vuol dire essere innamorati della dignità dell’uomo e della sua verità. E’ nell’apertura al Trascendente, è nell’incontro per noi cristiani con il Signore Gesù e con il suo Vangelo, che l’uomo scopre la sua vera grandezza e dignità, si sente amato da Dio, trova il fondamento della sua speranza, trae la forza per vincere ogni forma di egoismo e per impegnarsi in scelte di condivisione, di servizio gratuito, di pacificazione.

            A San Paolino, patrono principale della nostra città e diocesi di Senigallia, vogliamo domandare di intercedere per noi, per gli abitanti di questa città e per coloro che la governano, perché tutti noi sappiamo amare questa comunità, i fratelli e le sorelle del nostro territorio, così come egli ha amato coloro che erano stati affidati al suo governo.

Insieme con l’antico salmista e con il patrocinio dello stesso San Paolino vogliamo chiedere al Signore per questa città, per le altre comunità della nostra Diocesi e per tutto il Paese il dono della pace, che è il bene più prezioso e assolutamente necessario per la convivenza civile: “Domandate pace per Gerusalemme”. Gerusalemme è ogni città, ogni comunità umana. “Sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: ‘su di te sia pace’” (Salmo 122). “Su di te sia pace”: è questa la nostra preghiera, è questo il nostro augurio.

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