Omelia nell’Ordinazione diaconale di Davide Barazzoni e Francesco Berluti (Cattedrale di Senigallia, 10 maggio 2008)

Senigallia, 10 aprile 2008

1. In un clima di stupore per le cose grandi e belle che Dio opera per noi, in un clima di gioia e di gratitudine, riviviamo stasera l’evento straordinario della Pentecoste: l’effusione dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa. Come gli apostoli e Maria erano riuniti in preghiera nel Cenacolo in attesa di ricevere lo Spirito promesso da Gesù, anche noi, riuniti in preghiera in questo tempio, che è il simbolo e il cuore della nostra Chiesa locale, ci prepariamo a ricevere una nuova effusione dello stesso Spirito.
Lo Spirito santo: chi è? E’ lo Spirito che vivifica, che dà vita, che fa rivivere, come ci ricordava il profeta Ezechiele nella prima lettura (Ez 37,1-14). E’ come l’anima in un corpo. Infatti è l’anima della Chiesa: è lui che fa nascere e mantiene in vita la Chiesa. E’ lui che arricchisce di doni la stessa comunità dei credenti, rendendola in grado di svolgere la sua missione. Peraltro, come ci ricordava il brano del Vangelo or ora proclamato (Gv 7,37-39), lo Spirito di Dio è quell’acqua viva che sola è capace di soddisfare la sete fondamentale dell’uomo: sete di amore, di senso, di felicità, di salvezza.
2. Lo Spirito Santo è il vero protagonista di questa nostra celebrazione. Come nel giorno di Pentecoste, egli effonde di nuovo i suoi doni: lo farà in modo particolare in riguardo ai nostri carissimi amici Davide e Francesco nel momento stesso in cui ricevono l’Ordine del Diaconato.
E’ veramente un grande dono, una grande grazia il diaconato. Sappiamo bene che il diaconato comporta una scelta, quella del celibato e della verginità per tutta la vita. Ma non si tratta semplicemente di una rinuncia: rinuncia ad avere una moglie, ad avere dei figli secondo il sangue, ad avere una propria famiglia o in definitiva una rinuncia alla realizzazione di sé. Tutt’altro: è la risposta alla chiamata ad un amore più grande, ad entrare nella vita stessa di Dio, che è amore infinito, amore che non si rinchiude in se stesso, ma si dona, si fa servizio, comunicazione, condivisione.
Con la grazia dello Spirito Santo, che viene conferita attraverso l’imposizione delle mani del Vescovo e la preghiera consacratoria, il Diacono è conformato a Cristo, diventa, per così dire, “copia” di Cristo, partecipe della sua vita e missione; come Lui, Signore e Maestro, che è venuto non per essere servito ma per servire, così il diacono diviene servitore, servo per amore, mettendosi al servizio della Chiesa e dei fratelli.
3. Carissimi Davide e Francesco: tra pochi istanti voi sarete invasi e trasformati dallo Spirito Santo che invocheremo su di voi. Animati e sorretti da questo Spirito, voi vi impegnate a esercitare il vostro ministero in aiuto al Vescovo e ai presbiteri nella proclamazione della parola di Dio, nella celebrazione della liturgia e nella premura verso i più poveri e deboli.
Ma più precisamente in che cosa consisterà il servizio che vi attende e che da voi si aspettano le persone, i giovani, le famiglie, le comunità?
Ebbene, siete chiamati e mandati a portare anzitutto la speranza. Nella lettera ai Romani, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, San Paolo ci ricorda che noi siamo stati salvati nella speranza: possedendo le primizie dello Spirito, aspettiamo l’adozione a figli, la piena redenzione della nostra vita (Rm 8,22-27). Abbiamo davanti a noi un futuro non catastrofico, di cui aver paura, ma un futuro promettente, che riempie il cuore di fiducia: Gesù ci ha amato e ci ama, ci ha salvato con la sua morte e risurrezione e anche noi, uniti a lui, possiamo entrare nella vita nuova, che è la vita piena, beata e duratura.
Quanto grande è il bisogno di speranza per il nostro mondo, piccolo e grande! Quante forme, antiche e nuove, di solitudine, di paura, di disperazione che bloccano e distruggono la vita delle persone e il cammino dei popoli! Pensiamo ai casi di suicidio, purtroppo in aumento anche nel nostro territorio!
La speranza di cui tutti abbiamo bisogno ci viene dal cuore buono e misericordioso di Dio. Carissimi Davide e Francesco, non dimenticatelo: la vostra missione, pur nei limiti inevitabili del vostro essere e del vostro operare, è parte viva di una missione grandiosa: quella di Dio stesso che rinnova il cuore dell’uomo e la vicenda storica dell’umanità con l’incessante dono del suo amore misericordioso.
In definitiva l’amore di Dio ha un nome e un volto umano: è una persona viva e concreta, è Gesù Cristo, il Crocifisso risorto. E’ lui stesso la speranza di cui tutti, consapevolmente o meno, abbiamo fame e sete.
L’invito che viene a voi diaconi è a perseverare e crescere nell’amore e nell’adesione di fede a Gesù morto e risorto. Il sacramento dell’Ordine dona e chiede un’intimità speciale di amore e di vita con Cristo Gesù, una sequela radicale e una totale condivisione dei suoi sentimenti e comportamenti. E’ coltivando la preghiera, quella personale e in particolare la preghiera ufficiale della Chiesa, la liturgia delle Ore, che con l’ordinazione vi viene affidata, che potrete conservare e maturare l’amicizia col Signore Gesù: così potrete gustare per primi la gioia della speranza viva e questa stessa speranza sarete capaci di comunicarla agli altri con la parola e la testimonianza della vostra vita.
4. Cari fratelli e sorelle, abbiamo tanti motivi per innalzare il nostro “magnificat” al Signore, che ancora una volta si china con tenerezza sulla nostra Chiesa particolare di Senigallia, donandoci due nuovi diaconi che a suo tempo riceveranno anche il dono del sacerdozio.
Il mio più vivo ringraziamento e il mio abbraccio paterno è per voi, carissimi Davide e Francesco, che con generosa scelta avete deciso di rispondere alla chiamata di Dio. E con me vi ringrazia l’intera Chiesa di Senigallia, che guarda a voi con affetto e con riconoscenza, pienamente consapevole che voi siete per lei un prezioso dono del Padre dei cieli e un forte segno di speranza.
Ma il mio ringraziamento si allarga e raggiunge anzitutto le vostre famiglie, in particolare i vostri genitori, che hanno assecondato la chiamata di Dio in voi. A voi genitori confermo la mia stima, la mia gratitudine e la mia vicinanza: sentitevi santamente orgogliosi dei vostri figli, sono certo che il Signore vi benedirà per sempre per aver trasmesso loro la vita e per non aver posto ostacoli alla loro vocazione. Voi affidate i vostri figli alla Chiesa: tra poco stringerò le loro mani nelle mie, per dire che come Vescovo mi impegno ad amarli, a prenderne cura, a dare per loro anche la mia vita se fosse necessario.
La mia gratitudine raggiunge le vostre comunità parrocchiali, quella della Pace e quella di Corinaldo, dove la vostra vocazione è germogliata e si è sviluppata, come pure le altre parrocchie dove avete prestato e tuttora prestate il vostro servizio. Saluto e ringrazio per la loro presenza i vostri parroci e le rispettive delegazioni parrocchiali, compresa quella della parrocchia romana di San Bruno. Un grazie sentito e sincero, infine, dico ai formatori ed educatori del Seminario: il nostro Seminario Diocesano, il Seminario Regionale di Ancona e il Collegio Capranica di Roma.
Vi faccio tanti e tanti cari auguri di ogni bene. Possa davvero il Signore condurre a compimento l’opera che in voi ha iniziato.
Così sia.