Omelia nell’Ordinazione Sacerdotale di Matteo Pettinari, imc (Cattedrale di Senigallia, 11 settembre 2010)

Senigallia, 11 settembre 2010

1. Carissimo Matteo, in questo momento così importante e decisivo della tua vita puoi ripetere anche tu le parole dell’apostolo Paolo che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia, chiamandomi al suo servizio” (1 Tm 1,12).
E’ per un misterioso disegno della divina misericordia che sei qui stasera per ricevere un dono grande e assolutamente gratuito, che va aldilà di ogni merito.
E pure noi, che ti facciamo corona, vogliamo ringraziare con te il Signore per averti scelto e chiamato tra i figli di questa nostra Chiesa locale ed ora ti consacra come suo sacerdote e ti invia come suo missionario. Ci rallegriamo tutti con te per questo mistero di amore che si compie nella tua vita: gioiscono accanto a te i tuoi carissimi genitori e familiari, che saluto con affetto e ringrazio per averti trasmesso il dono della vita, gioiscono i tuoi parenti e amici, gioiscono i tuoi Superiori e fratelli dell’Istituto Consolata; gioisce tutta la nostra Diocesi – Vescovo, Sacerdoti, Diaconi, Seminaristi, i fedeli laici, particolarmente quelli di Monte San Vito e delle altre parrocchie dove hai prestato il tuo servizio – perché anch’essa, la nostra Chiesa senigalliese, si sente oggetto della benevolenza e misericordia divina.

2. Misericordia è la parola che risuona nella Parola di Dio che ascoltiamo in questa liturgia: è questa il leit-motiv che lega le tre letture, in particolare è il succo delle tre parabole, le più belle del Vangelo, che abbiamo appena ascoltato nel brano di Luca.
Qual è il vero volto di Dio, il volto che da sempre i cercatori di Dio desiderano conoscere? La risposta che viene dalle pagine della Sacra Scrittura è questa: Dio è misericordia. La misericordia esprime l’onnipotenza di Dio, il suo amore infinito, tenero ed adulto, carezzevole ed esigente. La misericordia è il vero volto di Dio.
Comprendiamo, allora, come abbiamo sentito nel brano dell’Esodo, perché Dio desiste dal punire il popolo di Israele che si era macchiato del grave peccato di idolatria, quando costruì e si mise ad adorare il vitello d’oro (cf. Es 32, 7-11.13-14). Nella seconda lettura lo stesso Paolo, riconoscendo di essere stato un grande peccatore, dice che anche a lui Dio ha mostrato misericordia
(cf.1 Tm 1,12-17) .
Ma è soprattutto Gesù che con le tre parabole del Vangelo ci rivela il mistero ineffabile della misericordia divina. Dio è quel pastore buono, attento, premuroso, che perduta una delle sue cento pecore lascia le novantanove nel deserto e si mete alla ricerca di quella perduta. E quando la ritrova fa festa. Ed è come quella casalinga accorta e generosa che non si dà pace finché non ritrova la moneta smarrita e quando la sua ricerca è premiata dal ritrovamento ne segue una festa. In particolare Dio è quel padre che vuole un gran bene ad entrambi i suoi figli: vuol bene al figlio minore, scapestrato, che fugge da casa, e poi quando ritorna lo abbraccia e fa festa, perché “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,24); allo stesso tempo il padre mostra il suo amore e la sua benevolenza al figlio maggiore, che era sì rimasto in casa, ma con un cuore indurito, calcolatore, assalito dalla gelosia e dall’orgoglio e confida nel suo ravvedimento.

3. Come missionario, tu, caro Matteo, sei chiamato a fare conoscere questo volto di Dio a quanti ancora non sono venuti a contatto con il Vangelo, a quanti magari adorano il dio ignoto. Ecco il compito del missionario ad gentes: rivelare il nome di Dio, fare conoscere il suo volto. Non si tratta di una imposizione, ma di un servizio di amore. Amore per il Signore, in obbedienza al suo mandato: “Andate e annunciate il Vangelo ad ogni creatura”; amore per i fratelli: è il servizio più alto di carità che si può offrire loro. E’ il servizio alla verità che illumina e dà senso alla vita. E’ il servizio che apre il vissuto ad un orizzonte di grande, grandissima speranza. E’ un servizio che tu, Matteo, svolgerai con la parola, ma anche con le opere della carità così come fa l’Istituto della Consolata a cui ora appartieni: opere di vicinanza agli emarginati, di conforto agli afflitti, di cura dei malati, di difesa dei diritti umani, di promozione della giustizia e della pace.
Come missionario sei dunque inviato per annunciare l’amore misericordioso di Dio. Ma allo stesso tempo tu vieni consacrato sacerdote. E come sacerdote divieni il segno-strumento della misericordia divina. Con il potere di celebrare l’eucaristia, renderai presente Colui, Gesù Cristo, che con la sua incarnazione, la sua morte sacrificale e risurrezione è la suprema manifestazione della misericordia del Padre; con il potere di assolvere i peccati potrai fare sperimentare la dolcezza, il balsamo, la pace che produce la misericordia di Dio; con la responsabilità che ti viene affidata di formare e guidare la comunità cristiana, potrai radunare, unire i credenti e fare della Chiesa una casa della divina e umanissima misericordia.

4. Come è bello essere sacerdoti e missionari! La nostra Chiesa di Senigallia è veramente lieta e onorata di avere generato un suo figlio alla fede e alla vocazione missionaria e sacerdotale. E’ lieta e onorata di aprirsi ulteriormente, attraverso di te, al mondo intero, all’ecumenismo, alle relazioni interreligiose e interculturali. Certamente ci dispiace che tu non possa restare tra noi: anche noi abbiamo molto bisogno di sacerdoti e di missionari che svolgano il loro servizio in questo particolare angolo della vigna del Signore. Anche nel nostro territorio, infatti, ci sono persone che si sono smarrite, si sono allontanate dalla fede e dalla Chiesa, hanno bisogno di qualcuno che le aiuti a riconoscere il volto di Dio e perciò a ritrovare la fede.
Ma se il progetto del Signore su di te era diverso, nessuno di noi, nemmeno io, Vescovo, potevamo opporci alla volontà di Dio. Perciò quando mi hai chiesto ripetutamente il consenso per andare missionario entrando a far parte della famiglia dei Missionari della Consolata ed ho capito che in questo tuo desiderio c’era il dito di Dio non ho potuto dire di no. Per la nostra Chiesa di Senigallia la tua partenza è un sacrificio, ma un sacrifico che facciamo in spirito di fede come dono della nostra Chiesa locale alla Chiesa universale e al mondo.
Voglio credere che il tuo esempio faccia crescere nella nostra Diocesi una maggiore consapevolezza dell’esigenza missionaria, ci renda tutti missionari, comunicatori della fede, nei nostri ambienti. In particolare mi auguro che la tua scelta metta nel cuore dei nostri giovani il desiderio di spendere la propria vita per un ideale alto, quale è quello della consacrazione per il servizio a Dio e ai fratelli.
A te, Matteo, chiedo, di pregare perché il tuo posto in Diocesi sia occupato da un altro giovane… A voi giovani dico: nella Chiesa non esiste la disoccupazione. Cercate lavoro? Il lavoro qui non manca: è un lavoro gratuito, un servizio di amore, che però il Signore ricompenserà con il centuplo quaggiù, in termini di amicizia, relazioni, gioia del cuore e nel futuro la vita eterna (cf. Mt 19,29).

5. Per concludere. In questa Chiesa Cattedrale si venera la Vergine Santa sotto il titolo di Madonna della Speranza: è la patrona della nostra città e Diocesi di Senigallia. La famiglia missionaria di cui sei membro ha come patrona Maria, la Consolata. Si tratta della stessa Madre di Dio che ha ricevuto consolazione e porta speranza. Sia lei a ricordarti che tu hai una duplice appartenenza: sei figlio di questa Chiesa particolare e sei membro del tuo Istituto missionario: andrai in missione secondo le decisioni del tuo Istituto, ma rappresenterai sempre la nostra Chiesa portando con te quanto essa ti ha donato. Maria Ss.ma ti faccia sentire la sua materna vicinanza: sia lei la via per accogliere nel tuo cuore il suo Figlio, il Salvatore del mondo, e comunicarlo a quanti incontrerai nel tuo cammino.
E noi tutti, con grande affetto, uniamo la nostra alla tua preghiera perché tu sia un buon prete e un buon missionario, un santo prete e un santo missionario. Così sia.

Print Friendly, PDF & Email