E’ consolante sapere che, grazie a Gesù Cristo risorto, che con Lui, “la nostra umanità è innalzata accanto a Dio” (come abbiamo appena riconosciuto nella Colletta). E’ consolante perché di questi tempi, per non dire da sempre, la nostra umanità non sta dando buona prova di sé. Lo confermano le cronache quotidiane con le notizie sempre più frequenti di violenze che ormai varcano anche le porte delle case e non risparmiano nessuna età, di corruzioni e frodi sempre più estese, di soprusi e raggiri che avvelenano le relazioni. La nostra umanità non sta dando una buona prova di sé nemmeno riguardo al riconoscimento di una speranza capace di accompagnare e sostenere la vita anche nelle sue fatiche e sconfitte.
La solennità della Ascensione di Gesù al cielo ci dice che grazie a Lui la nostra umanità, così dimessa e incapace di fronteggiare il male, ha la possibilità di “essere innalzata accanto a Dio”, di trovare in questa prossimità con Dio il proprio riscatto, una condizione di vita piena, e di “vivere nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”.
Questo perché Gesù non ci ha lasciati soli con i nostri problemi, con le nostre sconfitte, con le nostre speranze sempre più fragili, ma, dopo “aver tolto il nostro peccato” (come ci ha ricordato l’autore della Lettera agli Ebrei), ha inaugurato “una via nuova e vivente”, che ci consente di raggiungerlo “nella gloria”, cioè in quella condizione di vita, accanto a Dio Padre, dove la nostra umanità gode la pienezza della vita.
L’apertura di questa “via nuova e vivente” ci consente di vivere la nostra esistenza nella speranza, grazie cioè a una speranza che non resta in balia degli eventi, delle circostanze, ma che costituisce il fondamento solido, di ogni nostra decisione con le quali diamo forma alla nostra esistenza.
Questa speranza ha a sua volta il proprio fondamento affidabile in Gesù Cristo Risorto, il quale ci ha mostrato con la sua esistenza che la “via nuova e vivente”, che “innalza la nostra umanità accanto al Dio datore e custode della vita è quella di un’esistenza che si fa attenta e premurosa nei confronti delle persone che condividono con noi la stessa umanità, un’esistenza trascorsa nella città degli uomini (“rimanete in città” suggerisce Gesù ai discepoli prima di lasciarli), con quella libertà e serenità che Gesù Risorto garantisce a chi ha posto in lui la propria speranza.
Tu Alberto, oggi chiedi alla Chiesa di dare compimento al tuo desiderio di diventare prete. Il prete vive nella città degli uomini, si sente parte dell’umanità che chiede una speranza affidabile per la propria vita e riconosce in Gesù Cristo Risorto “la via nuova e vivente” per una speranza che non risulti deludente.
Manifesti questo desiderio perché tu stesso hai sperimentato come Gesù Risorto rappresenta il Salvatore della tua umanità, lo hai riconosciuto come la tua speranza, la speranza affidabile per la tua esistenza.
Vivi il tuo ministero custodendo questa preziosa consapevolezza, che Gesù Risorto rappresenta la “via nuova e vivente” per una umanità riscatta dal male e in grado di godere la sua stessa vita. Per questo accogli l’invito della Lettera agli Ebrei a “mantenere senza vacillare la professione della nostra speranza”.
Vivi il tuo ministero testimoniando alle persone che incontrerai questa “via nuova e vivente” che è Gesù Risorto. Prima che delle parole la tua sia la testimonianza di una umanità, che, proprio perché percorre “la via nuova e vivente” tracciata da Gesù Risorto, si presenta come umanità liberata, sostenuta da una speranza forte, perché consapevole che Gesù Risorto “è degno di fede” nelle sue promesse e che il suo amore, che si è spinto fino dare propria vita per tutti, libera realmente la nostra umanità dal male che la avvilisce.
L’essere presbitero nella famiglia dei Passionisti, che fa del riferimento alla morte in croce di Gesù, manifestazione suprema dell’amore infinito di Dio per gli uomini, la ragione della propria testimonianza nella Chiesa e nel mondo, sostenga e conforti il tuo ministero.