“O Dio…continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del vangelo”.
La richiesta nasce, anzitutto, dalla consapevolezza che Dio Padre continua ad agire a favore della “comunità dei credenti”. Il Dio a cui ci siamo rivolti è un Dio che agisce, non è un idolo inanimato; è un Dio che opera a favore degli uomini, non a proprio favore.
La nostra richiesta al Padre è precisa: “i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del vangelo”, di quella bella notizia che Gesù aveva per primo portato agli uomini, quei prodigi non interromperli, continua a compierli anche per noi, oggi.
Quali sono quei prodigi? A parlarci di quei prodigi è il brano degli Atti degli apostoli proclamato nella prima lettura (At 2,1-11). Riascoltando quell’episodio dovremmo parlare, più precisamente, di un unico prodigio dai molteplici e sorprendenti effetti. L’avvenimento prodigioso è l’irruzione impetuosa dello Spirito Santo nella casa dove erano radunati gli apostoli, alcune donne, Maria la madre di Gesù e i suoi parenti. L’irruzione dello Spirito Santo che “riempie la casa” provoca due effetti.
Il primo: i Dodici apostoli escono dalla casa e iniziano a parlare di Gesù risorto alla folla che si era radunata, richiamata da “quel rumore” (At 2,6), una folla composta da persone provenienti da diverse parti del mondo (come documenta la lunga lista di At 2,9-11).
E’ la prima volta che i discepoli parlano pubblicamente di Gesù risorto. Sono in grado di farlo, perché Gesù risorto per 40 giorni è stato con loro, li ha accompagnati nel riconoscere che lui, il crocifisso, era risorto; li ha sollecitati e aiutati ad abbandonare la propria incredulità di fronte alla notizia che lui era risorto, portata dalle donne.
Gesù aveva accompagnato i discepoli nella comprensione della sua vicenda (oggi parleremmo di discernimento), che si era conclusa, pochi giorni prima, in modo drammatico e devastante per le loro speranze, perché sembrava confermare le ragioni della sua condanna: Gesù era un bestemmiatore, non il Messia atteso.
Ora lo Spirito Santo completa l’azione di Gesù, perché, come aveva anticipato Gesù stesso, “ricorda ai discepoli tutto ciò che lui aveva loro comunicato” (cfr Gv 14,26); “da’ testimonianza di Gesù, perché anche i discepoli siano in grado di dare la stessa testimonianza” (cfr Gv 15,26-27); “guida i discepoli a tutta la verità” (cfr Gv 16,13). E i discepoli, “colmati di Spirito Santo”, incominciano a dare testimonianza di Gesù risorto, a raccontare di lui.
Il secondo effetto, che “turba” e “stupisce” la folla, è che le molte e diverse persone presenti sentono quei Galilei “parlare nelle loro lingue” materne. Le dichiarazioni dei presenti lasciano intendere che non udivano solo i suoni, le parole, delle loro lingue materne, ma che comprendevano anche quanto quei Galilei andavano raccontando (“li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”).
Penso che sia marginale la domanda se i Dodici parlassero effettivamente le lingue di tutte quelle persone, o se, pur continuando a parlare la loro lingua nativa (l’aramaico), erano compresi da tutti i loro uditori. L’aspetto prodigioso di quella comunicazione sta, a mio parere, nel fatto che, grazie allo Spirito Santo, la buona e felice notizia (il vangelo), comunicata dai discepoli, che Gesù, il crocifisso, era risorto, era vivo, veniva intesa e apprezzata da tutte quelle persone come una “grande opera di Dio”.
Il “prodigio” conferma che il vangelo di Gesù era destinato a tutti gli uomini e poteva essere accolto e compreso da tutti come la “buona notizia” per la loro vita.
Noi abbiamo chiesto a Dio di “continuare oggi” nella Chiesa, nelle nostre comunità il prodigio di quel giorno, il dono dello Spirito Santo su quel piccolo gruppo di discepoli di Gesù, la sua Chiesa che stava muovendo i primi passi, perché anche noi come loro usciamo dalle nostre case, che non sono solo quelle in muratura, ma anche quelle costruite dalle nostre paure, dalle nostre delusioni, dalle nostre chiusure e dalla nostra poca fede, per dire con la nostra vita che Gesù è veramente risorto, che Dio, di cui Gesù ci ha offerto una credibile testimonianza, non è un idolo inerte, incapace di operare, ma che agisce instancabilmente a favore dei suoi figli.
Usciamo, allora, dalle nostre “case” per camminare nel mondo, nella storia, che condividiamo con altre persone, che parlano lingue diverse, non solo nei suoni e nei vocaboli, ma anche negli stili e nelle scelte di vita, nel modo di affrontare l’esistenza, di legger e risolvere i problemi…
Abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci accompagni nel discernimento, nella comprensione, di quanto sta accadendo nel mondo, nella vita delle persone, nel mondo e nella vita delle persone in questi tempi dolorosi e inquietanti.
Abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci spinga a uscire, che ci aiuti a comprendere ancora di più che Gesù risorto è la verità che rende liberi, noi che siamo suoi discepoli e anche chi lo ignora o, dopo averlo frequentato per un certo tempo, lo ha abbandonato.
Abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci aiuti a non restare prigionieri delle nostre paure, delle nostre letture parziali; che ci doni la sapienza di individuare e parlare quella “lingua” che consenta alle persone che ci incontrano nei tanti luoghi della vita di riconoscere che Dio sta compiendo “grandi opere” anche oggi, anche in questi tempi, nei quali un microscopico virus ci ha ricondotto con violenza a tante verità su di noi, sui rapporti tra gli umani e con il creato, sulla stessa vita, verità che noi da stolti avevamo rimosso, dimenticato.
La felice coincidenza quest’anno tra la celebrazione della Pentecoste e la conclusione del mese di Maggio, dedicato a Maria, la madre di Gesù e dei discepoli di Gesù, ci ricorda che Maria nel giorno di Pentecoste di tanti anni fa era presente in quella casa dove fece irruzione lo Spirito Santo e “colmò” anche lei.
Non era la prima volta che accadeva. Lo Spirito Santo, tanti anni prima, era già “sceso su di lei” (cfr Lc 1,35), rendendola madre del Figlio di Dio; ora nuovamente irrompe nella sua vita, dando compimento a una nuova maternità, quella nei confronti dei discepoli di suo Figlio, che, proprio sulla croce, li aveva affidati a lei.
Ricordare che Maria non sta solo agli inizi dell’esistenza del Figlio di Dio sulla terra, ma anche della Chiesa e della presenza dei discepoli di suo Figlio nella storia degli uomini, non può che dare serenità e coraggio al nostro cammino in questo mondo, al servizio della Chiesa tra gli uomini, quello di portare il vangelo di Gesù, perché anche gli uomini e le donne che vivono sulla terra, in questi tempi, possano riconoscere con stupore le “grandi opere” che Dio opera ancora oggi a loro favore.