Presentazione di Gesù al tempio (2 febbraio 2018)

Nella giornata del 2 febbraio la Chiesa ricorda la presentazione al Tempio del bambino Gesù, prevista dalla legge mosaica («Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore»).

Questa giornata inoltre, da anni, è proposta come giornata di riflessione sulla vita consacrata e di preghiera per le persone consacrate, sia nella forma cosiddetta “religiosa”, come in quella “secolare”, di chi, cioè, vive la propria consacrazione al Signore, nel mondo, conducendo la stessa vita delle altre persone.

Nella nostra chiesa diocesana, poi, oggi onoriamo la Madonna della speranza, riconosciuta come co-patrona della Diocesi.

Proprio la presentazione al tempio di Gesù ci consente di collegare tra loro i tre riferimenti di questa giornata. Il testo della Lettera agli Ebrei appena proclamato (Eb 2,14-18) ci offre la chiave di lettura della presentazione al Tempio di Gesù, imposta dalle prescrizioni della legge che regolavano la nascita la nascita di un primogenito maschio. Questo gesto indica la condivisione della nostra condizione umana da parte del Figlio di Dio («poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe», Eb 2,14). Una condivisione spiegata dall’Autore della Lettera, come un “prendersi cura”, di noi, chiamati “suoi fratelli” e motivata dal suo impegno di “liberare quelli (cioè noi tutti) che, per il timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”.

Questa condivisione, questa solidarietà, mette Gesù in condizione di venire in aiuto a noi che, in tanti modi siamo messia alla prova.

Al Tempio Gesù incontra due persone, che giungono a quell’incontro preparate: Simeone, che aveva trascorso la vita nell’attesa di Colui che le Scritture presentavano come la consolazione d’Israele”, un’attesa alimentata dal desiderio di incontrarlo e rassicurata dalla promessa da parte dello Spirito Santo che “non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore”.

L’altra persona era una donna anziana, provata duramente dalla vita (era rimasta vedova molto presto), ma non inaridita nel cuore, perché non si era allontanata dal Signore, ma l’aveva frequentato e servito ogni giorno, tanto da diventarne un portavoce affidabile (era profetessa).

Entrambe queste persone, vivono con gioia l’’incontro con Gesù: lodano, benedicono Dio.

Il desiderio di Simeone, il fedele servizio di Anna, la gioia e le parole di benedizione di entrambi, ci permettono di apprezzare il valore della “vita consacrata”, un’esistenza condotta nel desiderio d’incontrare il Signore, di stare con Lui, non uno dei tanti desideri, ma quel desiderio che raccoglie gli altri desideri, che unifica la vita, che conduce a fare del servizio al Signore la ragione esclusiva dell’esistenza.

Le persone “consacrate” sono una risorsa per la Chiesa, per le persone, proprio perché attestano con la loro esistenza, come Simeone e Anna, la gioia dell’incontro con il Signore. Per questo, mentre le ringraziamo per la loro testimonianza, preghiamo il Signore di confermare con gioia la loro decisione di servire Lui e la Chiesa e  chiediamo a Lui il dono di giovani che aderiscano con gioia e libertà a questa forma dell’esistenza.

Quel giorno, al Tempio, Maria ha ascoltato da parte di Simeone parole contrastanti riguardo a suo figlio («Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione») e parole per nulla incoraggianti riguardo al futuro che l’attendeva («anche a te una spada trafiggerà l’anima»). L’evangelista Luca non ci informa sulla reazione di Maria a quelle parole. Più avanti ci dirà che Maria custodiva e meditava nel suo cuore quanto accadeva nella sua vita di madre di Gesù (avvenimenti, parole, situazioni).

Dal racconto dei vangeli sappiamo che Maria è rimasta fedele alla sua originaria decisione comunicata all’angelo Gabriele («avvenga per me secondo la tua parola»), una fedeltà che l’ha condotta fino ai piedi della croce di suo figlio. Proprio questa  fedeltà alla parola di Dio ci consente di comprendere il suo legame con la speranza: Maria è donna che spera perché si fida di Dio, anche quando percorre il cammino della croce come/con suo figlio; è donna che dà speranza, la “speranza che non delude” (quella di cui parla l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani), perché ci offre Colui che rappresenta la speranza per tutti, suo figlio Gesù. Invocarla come “Madonna della speranza” significa imparare dalla sua fede, che si fa ascolto obbediente del Signore.