Un giardino e un deserto, due figli – Adamo, l’uomo che Dio “plasma con polvere del suolo e soffia nelle sue narici un alito di vita” (l’altro racconto della creazione parla dell’uomo creato da Dio “a sua immagine e somiglianza”), Gesù, il Figlio nel quale il Padre “pone il suo compiacimento”; il tentatore – nella figura del serpente, “il più astuto di tutti gli animali selvatici” e il “diavolo” (= colui che divide).
La stessa tentazione: di Dio è meglio non fidarsi, perché a ispirare le sue disposizioni (il comando di non mangiare dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male; le disposizioni che Gesù cita) non sta il suo interesse per i suoi figli, ma altro, la difesa della propria esclusiva competenza di Dio nel decidere riguardo alla vita dei suoi figli (ciò che è bene e ciò che è male per loro). Da qui il suggerimento: ad Adamo di non dare ascolto a Dio, alla sua disposizione; a Gesù, di provvedere da se stesso alla propria vita (la tentazione riguardo al pane che sazia la fame) e di mettere alla prova l’affidabilità di Dio, la sincerità delle sue promesse.
Anche la circostanza della tentazione è la stessa: un inizio, per Adamo quello della propria avventura umana nel mondo che Dio gli offre come casa ospitale, accogliente (“cosa buona”, ripete più volte il narratore del racconto della creazione), per Gesù, l’avvio del suo ministero pubblico. Quello che i due figli hanno ricevuto dal Dio, Creatore e Padre, ora lo devono riconoscere come dono, come cosa buona per la loro vita e investimento promettente della loro libertà.
L’esito della tentazione è diverso: Adamo dà credito all’interpretazione del comando di Dio proposta dal serpente a al suo suggerimento di condurre la propria esistenza da solo, prendendo le distanze da Dio; Gesù continua dar credito al Padre e di condurre la propria esistenza con Lui.
Quanto è accaduto ad Adamo e a Gesù, accade a tutti i figli di Dio, anche a noi quindi: l’essere amati da Dio non è un dono pacifico, ma un dono messo alla prova da chi ha interesse ad allontanarci da Dio stesso; è un dono che va riconosciuto come tale, come investimento buono per la nostra vita, garanzia per la nostra libertà. Questo riconoscimento non è sempre un fatto pacifico, anzi spesso è messo alla prova, una prova che trova tanti alleati, tra questi la “fragilità della natura umana ferita dal peccato” (come ci ricorda la Colletta della Messa).
Come non soccombere alla tentazione, che spesso assume la forma di una “seduzione che affascina” (come per Eva nel giardino)? Seguendo l’esempio di Gesù, dando credito alla parola del Padre, che resta sempre, anche quando assume la forma di una disposizione, del comandamento, istruzione preziosa per la vita, guida affidabile per il nostro cammino.
E’ quanto ci ricorda sempre la Colletta, nel suggerirci la richiesta da rivolgere al Padre all’inizio del cammino quaresimale come aiuto vincente di fronte alle “seduzioni del maligno”: “concedi al tuo popolo di intraprendere con la forza della tua parola il cammino quaresimale per vincere le seduzioni del maligno e giungere alla pasqua nella gioia dello Spirito”.