Gesù non è solo colui che porta la luce, ma la luce stessa, “per la vita dell’uomo”; una luce, che però produce esiti opposti: consente al cieco nato di ricuperare la vista e di accedere alla fede in Gesù (“Credo, Signore”); conferma i farisei nel giudizio negativo su Gesù (“Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”, a non riconoscerlo come inviato da Dio, ma a dichiararlo un peccatore (“Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori…”).
Dall’episodio emerge un chiaro messaggio: decisivo resta la posizione dell’uomo di fronte a Gesù, luce per la sua vita (cfr Gv 1,4-5: “in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”; 3,19-21: “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce…). L’uomo guarito dalla cecità non pone nessuno ostacolo, non avanza alcuna riserva nei confronti di quell’uomo che lo ha guarito e, per questo, compie un cammino nel riconoscimento di Gesù: all’inizio conosce solo il suo nome (“L’uomo che si chiama Gesù”), poi, richiesto di una sua opinione su chi lo ha guarito, lo definisce come un profeta (“Tu che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?. Egli rispose: “E’ un profeta!”), infine, dichiara a Gesù la propria fede (“Credo, Signore!”).
Per i capi d’Israele, invece, quella guarigione, per il modo con cui è stata procurata nel giorno di sabato, rappresenta al chiara indicazione che Gesù “non viene da Dio”. All’origine della chiusura sta la pretesa di sapere, di possedere la verità, di conoscere cosa pensa Dio e come si comporta (“Dio non ascolta i peccatori”). Questa pretesa li porta a giudicare Gesù come un peccatore e a reagire con irritazione (“Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?”. E lo cacciarono fuori”) alla saggia constatazione dell’uomo guarito (“Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”).
I capi del popolo abbandonano in fretta l’interrogativo inziale (“come può un peccatore compiere segni di questo genere?”). Invece di cercare una risposta alla domanda che si erano posti, che li avrebbe condotti a una conclusione diversa da quella proclamata in modo sbrigativo, cercano con ogni mezzo, compresa la minaccia (“i Giudei avevano stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come Cristo, venisse espulso dalla sinagoga”), di negare l’evidenza del fatto che quell’uomo era nato cieco e che Gesù gli aveva restituito la vista.
Il monito per noi credenti: vigilare per non confondere la verità (di Dio, del suo modo di agire) con il nostro modo d’interpretarla, di considerarla.