S.Maria Assunta (15 agosto 2019)

La solennità di Maria Assunta in cielo, dopo la morte, senza patirne le devastanti conseguenze, corre il rischio di non essere adeguatamente apprezzata e celebrata. Diverse le ragioni. Anzitutto perché, proprio nel periodo in cui molte persone godono dei beni della terra nel riposo dalle fatiche del lavoro, la liturgia della solennità ci suggerisce di chiedere a “Dio, onnipotente ed eterno”, vivere in questo mondo costantemente rivolti ad altri beni, quelli “eterni”. La seconda ragione è data dall’esplicito richiamo alla risurrezione a cui Maria accede, subito dopo la morte “in corpo e anima”; un richiamo che ci rimanda all’analoga destinazione della nostra vita. Sarebbe interessante verificare quanti di noi vivono la propria vita con la seria e pacificante consapevolezza che la sua destinazione non è la morte, che pure accade, ma la partecipazione alla risurrezione di Gesù. Questo perché, proprio riguardo alla nostra partecipazione alla risurrezione di Gesù, molti cristiani non si sentono così sicuri.

Il rischio può essere evitato a patto che ci poniamo in ascolto della parola di Dio con la serietà della fede, quella fede che Elisabetta ha riconosciuto a Maria, quando lei ha varcato la porta della sua casa (“Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”, Lc 1,45).

Il testo dell’Apocalisse, proclamato nella prima Lettura(11,19a;12,1-6a.10ab), guarda “le vicende della storia e del mondo non dal basso ma dall’alto” (G. Moioli). Uno sguardo che rileva nel cammino dell’umanità l’azione di un Dio che stringe un’alleanza con gli uomini. La storia dell’umanità è la storia di questa alleanza, di un’amicizia tra Dio e gli uomini, un’alleanza che stando alle immagini proposte dal testo dell’Apocalisse, appare contrastata con ogni mezzo dall’ “enorme drago rosso”, pronto ad aggredire il figlio che “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle”, stava per partorire. Dio fa fallire il tentativo del drago, ponendo in salvo la donna con il figlio appena partorito. Una “voce potente nel cielo”, udita da Giovanni, offre la chiave dio lettura di quelle immagini: Dio, con Gesù Cristo, risulta vincitore nello scontro con chi ha tentato e tenta in ogni modo di distruggere l’alleanza tra Dio e gli uomini.

Il messaggio è forte e rasserenante: il cammino della nostra esistenza personale e della storia umana, pur segnato dalla sofferenza, come accade alla donna che sta per partorire, è un cammino che approda alla vita. L’approdo di questo cammino, per l’apostolo Paolo (cfr seconda lettura (1Cor 15,20.27a) è la risurrezione, la partecipazione alla vittoria di Cristo sull’ultimo nemico degli uomini, la morte.

Il vangelo (Lc 1,39-56) parla di Maria, donna di fede (così la considera la cugina Elisabetta con il suo saluto: “beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”) e di carità (Maria dopo l’annuncio della sua maternità va in fretta dalla cugina Elisabetta). Il testo evangelico evidenzia i tratti della fede e della carità di Maria.

Il primo, Maria è in cammino, non sta ferma, raggiunge “in fretta” la casa di Elisabetta che ha bisogno di assistenza nella sua inseparata maternità. Fede e carità mettono Maria in strada, in cammino, la conducono a prendersi cura della cugina, ad assisterla. Il secondo tratto riguarda la lettura che Maria, nel Magnificat, fa di sé e della storia degli uomini. Maria riconosce con stupore di essere “guardata” da Dio nella sua povertà (umiltà) e riconosce che il Dio che opera nella storia degli uomini “si ricorda della sua misericordia”, non si dimentica di essere misericordioso, riconosce che “Dio ha sempre come unica ragione quella di intervenire nel mondo e per il mondo con la sua misericordia” (G. Moioli).

Maria, donna di fede e di carità, stupita e felice di essere guardata da un Dio che non si dimentica mai di essere misericordioso, nemmeno di fronte alla chiusure più polemiche degli uomini; donna che cammina, che si reca da coloro che hanno bisogno di aiuto, c’incoraggia a vivere i giorni della nostra vita sulla terra, tenendo fisso, senza timore né sospetti, il nostro cuore verso quel bene che rappresenta l’approdo della nostra esistenza, la partecipazione alla vittoria di Gesù Cristo sulla morte (la risurrezione), che il Dio che non dimentica di essere misericordioso, ha disposto per tutti i suoi figli. Ci invita a fare come lei, a non restare fermi nelle nostra paure, nella esclusiva ricerca del nostro bene e nella difesa dei nostri interessi, ma ad andare con fede e carità verso chi ha bisogno di un aiuto.

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