Solennità di Maria Assunta in Cielo (15 agosto 2023)

Prima di metterci in cammino, d’iniziare un viaggio, avvertiamo l’esigenza d’individuare la meta, l’approdo del nostro cammino. La meta, soprattutto se è desiderata, attesa, sostiene il cammino, soprattutto quando incontriamo difficoltà e ostacoli che possono rallentarlo, se non addirittura bloccarlo.

La richiesta, rivolta nella preghiera della Colletta, a “Dio onnipotente ed eterno” («fa che viviamo in questo mondo, [percorriamo il cammino della vita] costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria [quella che Maria sta già vivendo “in corpo e anima”]), corregge l’opinione comune che l’approdo del cammino della nostra esistenza sia la morte.

Al riguardo un filosofo del secolo scorso ha parlato dell’uomo come «un essere per la morte». Per il nostro filosofo la presa di coscienza della morte come approdo della nostra esistenza consente di dare una direzione alla nostra vita, di progettarla, di condurla in modo autentico.

Considerato il silenzio che avvolge la realtà della morte, non mi pare che le parole del filosofo ci liberino dall’imbarazzo, per non dire dalla paura, che proviamo nel parlare della morte, soprattutto della nostra morte.

La richiesta a Dio, suggerita dalla fede, corregge l’opinione comune, anche tra i credenti, con la conseguente paura, perché ci rivela che l’approdo definitivo della nostra vita sono i “beni eterni”.

La morte è solo l’approdo del cammino della nostra vita sulla terra.

Quali sono i “beni eterni” verso i quali siamo in cammino, che costituiscono l’approdo ultimo, definitivo, del viaggio che stiamo compiendo sulla terra, nel mondo?

E’ l’apostolo Paolo a rivelarci, in un mirabile e sconvolgente testo della prima lettera ai cristiani di Corinto, proclamato nella seconda lettura della Messa (1Cor 15,20-27a), che i “beni eterni” sono la vita risorta, riscatta dalla morte, patrimonio comune degli uomini, grazie Gesù Cristo, alla sua vittoria sulla morte («Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti…l’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, poiché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi»). L’apostolo ricorda che il primo a godere di questi “beni eterni” – la vita liberata dalla presa della morte – è Gesù stesso («prima Cristo, che è la primizia; poi alla sua venuta quelli che sono di Cristo», cioè la persone che avranno dato a Cristo il credito della fede).

La solennità di Maria, assunta in cielo, ci avverte che Lei, unica fra le creature, gode già pienamente di quei “beni eterni”, di quella vita risorta, condivide già la vittoria sulla morte di Gesù, suo figlio (è già “innalzata alla gloria del cielo in corpo e anima”). Lo è già perché, è Elisabetta, la sua cugina a rivelarlo nel vangelo di questa solennità (cfr Lc 1,39-56), «ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Maria ha percorso il cammino della sua vita sulla terra da credente che si è lasciata guidare dalla parola di Dio, da suo figlio.

Per questo Dio, il Padre di Gesù «non ha voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che in modo ineffabile ha generato nella carne il suo Figlio, autore della vita» (dal Prefazio della Messa).

Per questo Maria, Assunta in cielo, «segno di sicura speranza e consolazione per il popolo pellegrino sulla terra, risplende come primizia e immagine della Chiesa, chiamata alla gloria».

Che Maria, la madre di Gesù e nostra, ci accompagni nel cammino della vita sulla terra, perché teniamo lo sguardo del nostro cuore costantemente rivolto verso questi “beni eterni”, perché orientiamo la nostra esistenza verso quell’approdo che Gesù risorto ha preparato per noi e che Maria già gode in pienezza. Soprattutto quando il nostro cammino personale e quell’intera umanità corre il rischio di smarrire questi beni, di non riconoscere il loro valore.