Ci sono parole cui non si presta più attenzione, sulle quali è calato il silenzio. Tra le parole silenziate troviamo la parola “santità”, con il corrispettivo sostantivo, “santo”. Il silenzio sulla parola “santità” e sul sostantivo “santo” segnala che la realtà della santità e la figura del santo hanno perso interesse, non godono più la considerazione, nemmeno tra i credenti. Tra le ragioni di questo silenzio, probabilmente la più accreditata, è al considerazione della santità come una condizione di vita eccezionale, alla portata solo di qualcuno, che a differenza dei più (tra i quali ci identifichiamo), riesce a realizzarla.
L’apostolo Giovanni nella seconda lettura (cfr 1Gv 3,1-3) ci offre ragioni che ci consentono di tornare a considerare, ad apprezzare la santità. Il testo della lettera si apre con un appassionato invito: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!». L’apostolo ci sollecita a prendere in considerazione (“Vedete”) una realtà che precede ogni nostra iniziativa, che dipende unicamente dall’amore di Dio (“quale grande amore ci ha donato il Padre”): l’essere da lui considerati come suoi figli, non per finta, ma veramente (“lo siamo realmente”), perché Dio ci genera realmente come suoi figli. E come un figlio partecipa della vita di chi lo genera, anche noi partecipiamo della vista stessa di Dio, siamo santi come lui ì santo, in grado di amare come lui ama.
Per Giovanni quello che siamo nella considerazione di Dio (suoi figli) attende un’ulteriore manifestazione futura, quando saremo nella condizione di poterlo “vedere dal vivo” (“così come egli è”); e questo ci consentirà di dare compimento a quanto già siano, figli (“noi saremo simili a lui”).
Non siamo generati come figli una volta per sempre, siamo in un processo continuo di generazione, nel quale ogni giorno «Dio tesse e ritesse in noi l’immagine di suo Figlio» (Fr. Luca).
Per Giovanni la decisione di Dio di considerarci suoi figli costituisce il solido fondamento della nostra speranza e sostiene l’impegno della nostra libertà a vivere da figli (“ Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro”).
La “moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, di cui parla la prima lettura (cfr Ap 7,2-4.9-14) ci assicura che la decisione di Dio di considerarci suoi figli, la sua azione di generarci e rigenerarci come figli a immagine del Figlio, non riguardano solo alcune persone, ma l’intera umanità.
Per questo va corretta l’opinione che la santità è alla portata solo di alcune persone, all’altezza di questo compito – dei santi che il calendario ci presenta ogni giorno – e va riconosciuto che la gioia procurata dalla celebrazione di tutti i Santi, di cui parla la Colletta della Messa, è alla nostra portata, la possiamo sperimentare anche noi che spesso non ci sentiamo all’altezza dei Santi che onoriamo.