Sovvenire alle necessità della Chiesa (8 dicembre 1999)

Senigallia, 8 dicembre 1999

La Chiesa, mistero di comunione

Ci avviciniamo alla Celebrazione del Mistero della Incarnazione: Dio vuole camminare con gli uomini, li ha fatti suo popolo, famiglia in cui tutti hanno la medesima dignità di figli suoi e tutti hanno la responsabilità gli uni degli altri, secondo la vocazione di ciascuno. Per questo la Chiesa è paragonata ad un corpo in cui i fedeli sono membra di Cristo, ciascuno per la sua parte (cf. Rm 12,5).

Il Concilio Vaticano II ci ricorda che la Chiesa è mistero di comunione (LG 1), per cui grande importanza riveste il valore della fraternità come pure il senso di reciproca appartenenza fra tutti i componenti, fedeli laici e chierici, dell’unica famiglia di Dio.

La partecipazione-corresponsabilità è un diritto-dovere che nasce in ciascun fedele dalla incorporazione alla Chiesa avvenuta nel Battesimo. Una responsabilità che investe tutti gli aspetti della Chiesa stessa: dalla evangelizzazione all’organizzazione pastorale, dalla catechesi alla liturgia, dall’animazione della carità alla gestione degli enti ecclesiastici.

Questa vocazione alla responsabilità si estende anche alle realtà economico-materiali, per cui da una parte i fedeli sono chiamati a partecipare alla gestione dei beni della Chiesa, dall’altra sono chiamati a contribuire perché la Chiesa stessa disponga di ciò che le è necessario per raggiungere le sua finalità.

Il Vangelo rammenta che l’operaio ha diritto alla sua ricompensa (Lc 10,7); lo stesso Signore ha disposto che coloro i quali annunciano il Vangelo vivano del Vangelo (1 Cor 9,14).

Ma anche a questo riguardo i diritti e i doveri si corrispondono: infatti se i fedeli sono sollecitati a dare, è altrettanto necessario che siano coinvolti negli organismi ecclesiali di partecipazione alla conduzione della comunità, quali il Consiglio pastorale e il Consiglio per gli affari economici.

Con questa Nota pastorale intendo proporre alcune riflessioni sulla importanza da parte di tutti di venire incontro alle necessità della comunità cristiana, facendo particolare riferimento al nuovo “sistema” di sostegno economico alla Chiesa in Italia.

Le aumentate esigenze della Chiesa in Italia

Oggi la Chiesa Italiana dal punto di vista economico vive problemi ed ha esigenze sempre più grandi:

– le attività pastorali sono sempre più articolate e sempre più proiettate in prospettiva missionaria: sono quindi più dispendiose;

– le urgenze della carità si moltiplicano: le “nuove povertà” (tossicodipendenti, immigrati, emarginati sociali, ragazze madri, anziani abbandonati ecc.) attendono interventi efficaci;

– sorge l’esigenza della costruzione di nuove chiese e permane la necessità impellente di provvedere alla conservazione e al restauro delle chiese antiche;

– occorre provvedere al necessario sostentamento del clero.

Da qui sorge il dovere di ciascuno, secondo l’antico e sempre attuale precetto, di “sovvenire alle necessità della Chiesa”.

Il nuovo sistema di sostegno economico alla Chiesa

Con l’ultima revisione del Concordato lateranense lo Stato italiano, in considerazione della funzione spirituale, culturale, umanitaria e sociale della Chiesa, ha deciso di facilitare il sostegno economico alla Chiesa stessa del nostro Paese.

La prima forma concreta di aiuto è la scelta, che tutti i cittadini possono compiere attraverso una firma sulla denuncia dei redditi, di destinare a favore della Chiesa l’otto per mille del gettito complessivo IRPEF. E’ una firma che non comporta alcun onere per il firmatario.

La seconda forma è quella delle “offerte deducibili” indirizzate all’Istituto per il sostentamento del clero. Essendo frutto della generosità individuale, si tratta di una forma altamente meritoria. Lo Stato permette che tali offerte siano dedotte dalla base imponibile IRPEF della denuncia dei redditi.

Questo nuovo sistema ha portato indubbiamente alcuni vantaggi.

– Innanzitutto la Chiesa può recuperare quella libertà economica che è alla base e addirittura garanzia della libertà religiosa. Una libertà, che se da una parte richiede maggiore impegno nel reperire i mezzi necessari per il suo esistere e agire, dall’altra parte le permette di annunciare il Vangelo senza condizionamenti o compromessi con il mondo, di esercitare senza ostacoli la sua missione e di dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dal bene degli uomini.

– In secondo luogo la Chiesa può rifiutare garanzie terrene. Infatti sa di essere chiamata a vivere nella povertà evangelica. Questo non significa che non fa uso di beni materiali, ma che non mette in essi la sua fiducia. E se usa i beni per raggiungere i suoi fini di evangelizzazione e di carità, sa che la sua vera ricchezza è il Regno di Dio e il suo tesoro Gesù Cristo.

– La Chiesa risulta più credibile quando pratica la trasparenza ed è corretta nell’amministrazione dei beni. La trasparenza sarà conseguita attraverso l’apporto professionale e competente dei fedeli laici e attraverso una destinazione effettiva delle risorse ai fini spirituali e pastorali. Giova ricordare che sia nella vita comunitaria, sia in quella personale degli uomini di Chiesa i beni sono semplici strumenti rispetto ai compiti di evangelizzazione e di servizio pastorale.

L’educazione alla corresponsabilità

Alla luce di quanto sopra si comprende quanto sia necessaria la collaborazione dei fedeli.

Certo, le nostre comunità hanno bisogno di essere educate a vivere con senso di responsabilità e di solidarietà il dovere di sovvenire alle necessità della Chiesa, di tutta la Chiesa.

Ed è importante che i fedeli si rendano conto non solo delle necessità della propria parrocchia, ma anche di quelle della Chiesa Italiana e del mondo intero.

Ai fini di una sensibilizzazione alla partecipazione e alla corresponsabilità vorrei rivolgere ai sacerdoti e ai fedeli le seguenti sollecitazioni:

– si portino a conoscenza delle nostre Comunità gli aiuti che sono stati erogati con i fondi dell’8 per mille (restauro e costruzione delle chiese, realizzazione di opere sociali e caritative, offerta di servizi assistenziali ecc.);

– si facciano conoscere le opere caritative e assistenziali che la Chiesa italiana ha realizzato in Italia e altrove;

– si valorizzino le due giornate dedicate al nostro tema: a maggio per la destinazione dell’8 per mille, a novembre per le offerte deducibili;

– si favorisca e si incoraggi l’impegno di quei laici che si sono resi disponibili a lavorare nel “servizio diocesano per il sostegno economico alla Chiesa”

– si designi un referente parrocchiale che collabori con il “Servizio” stesso.

L’impegno dei fedeli laici

Le indicazioni sopra accennate hanno bisogno di essere tradotte in fatti concreti. Da parte dei laici ci si può educare attraverso determinati atteggiamenti e gesti.

– Innanzitutto è necessario che i laici non si sentano spettatori, ma membra vive della Chiesa. Prendano sul serio l’invito alla corresponsabilità. In che modo? Collaborando all’opera di evangelizzazione, partecipando alla liturgia, mettendo a disposizione per il bene comune i propri carismi. In particolare, là dove sono richiesti, partecipino ai Consigli parrocchiali, cioè al Consiglio Pastorale e al Consiglio per gli affari economici. Siano disponibili nell’offrire la loro competenza nelle scelte che la parrocchia si trova a fare.

– In occasione della denuncia dei redditi sono invitati a scegliere con la loro firma la destinazione dell’8 per mille del gettito IRPEF a favore della Chiesa Cattolica. Anche i pensionati che non sono tenuti a presentare la denuncia dei redditi sono invitati a fare questo piccolo sforzo di indicare comunque la loro scelta.

– Entro l’anno tutti i fedeli sono invitati a fare una offerta liberale a favore dell’Istituto Centrale Sostentamento del Clero, offerta per altro deducibile.

Indubbiamente i nostri fedeli sono generosi. Infatti in tante occasioni partecipano con le loro offerte alle attività della parrocchia in cui vivono o rispondono, nelle varie giornate, alle esigenze della Chiesa universale. Ora bisogna entrare in una nuova mentalità: è necessario, cioè, guardare anche alle esigenze della Chiesa italiana in quanto tale.

L’esempio dei Sacerdoti

In tutto questo ritengo che i sacerdoti possano dare un grande esempio. Non è pensabile che i fedeli laici si sentano responsabili nel sostenere anche economicamente la Chiesa se non vedono nei sacerdoti degli uomini liberi, poveri, generosi, preoccupati del Vangelo, talmente distaccati che, se devono usare i beni materiali, lo fanno solo per servire meglio il Vangelo.

Pertanto, mi permetto di sottolineare alcune linee di comportamento dei presbiteri perché la loro testimonianza costituisca un efficace incoraggiamento ai fedeli per la loro generosità:

– Povertà personale: il distacco dalle cose e la fiducia nel Signore, la serenità di fronte al domani, sicuramente rappresentano una forte testimonianza;

– Uso dei mezzi sì, ma fiducia esclusiva nella grazia: solo il Signore è la nostra salvezza;

– Testamento: l’ideale è non avere nulla da lasciare perché il bene va fatto da vivi; ma se per caso ci fosse un risparmio, il quale presumibilmente è stato realizzato con i mezzi di sussistenza che ha dato la Chiesa, alla Chiesa deve ritornare con finalità pastorali e caritative;

– Sostegno alle necessità della Chiesa anche con offerte deducibili: tutto ciò come esempio e soprattutto come gesto di comunione;

– Iscrizione al Fondo di Comunione fra il Clero: anche se si pensa di non aver bisogno di aiuto, o perché si è giovani, o perché si hanno altre assicurazioni, si ricordi che il Fondo di Comunione non è semplicemente una garanzia per sé stessi, ma è soprattutto un gesto di comunione e di solidarietà.

Mentre contempliamo il dono che il Padre ha fatto al mondo mandando a noi suo Figlio, auguro che tutti, sentendoci chiamati alla comunione, possiamo gustare, specialmente in questo imminente Anno giubilare del 2000, la gioia del donare: “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9,7).

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