Aggiornamento sul terremoto

La Turchia è uno dei luoghi a più alta pericolosità sismica del mondo perché si trova situata tra la linea di faglia dell’Anatolia settentrionale e la linea di faglia dell’Anatolia orientale. Su questa faglia dal 1901 sono stati registrati oltre 200 grandi terremoti, l’ultimo dei quali lunedì 6 febbraio 2023. Alle 04:17, ora locale, nel pieno della notte, una scossa violentissima, di magnitudo 7.9 (in energia rilasciata pari a mille volte più del terremoto di Amatrice del 2016), con epicentro nel distretto di Pazarcık della provincia di diKahramanmaraş, ha causato distruzioni gravissime sia nel sud-est della Turchia che nel nord della Siria. Alla data odierna il numero complessivo delle vittime accertate ha superato le 5.000, decine di migliaia i feriti, in particolare nei distretti di Kahramanmaraş, Gaziantep, Şanlıurfa, Diyarbakır, Adana, Adıyaman e Malatya. Il bilancio tuttavia sembra destinato ad aggravarsi, infatti le costruzioni cadute in macerie sono numerosissime: da interi complessi popolari a edifici di rilevanza storica, culturale e religiosa tra cui la Cattedrale cattolica dell’Annunciazione di İskenderun, di fine ‘800, sede del Vicariato di Anatolia. Danni ingenti sono stati rilevati negli uffici dell’adiacente Caritas diocesana. Alla scossa iniziale ne sono susseguite più di cento, molte delle quali di magnitudo oltre 5. Alle 13:34 ora locale, un’ulteriore scossa di magnitudo 7.5, con epicentro localizzato sempre nella provincia di Kahramanmaras a 95 km a nord dal precedente, ha aggravato la già tragica situazione. Gli aeroporti e le autostrade del sud-est dell’Anatolia sono chiusi e la maggior parte degli ospedali è inagibile. Scuole e spazi pubblici sono stati chiusi. Il terremoto ha impattato su una regione profondamente complessa e martoriata. Si tratta di una regione al centro di uno scontro geopolitico in atto ormai da più di un decennio, che vede la Turchia e la Siria come attori principali, uno contro l’altro, varie formazioni ribelli e terroristiche, nonché le autorità curde che amministrano il Rojava, ad est del fiume Eufrate, ma anche le formazioni curde in Turchia, che da decenni lottano per un loro riconoscimento. Anche in Siria i danni sono apparsi sin da subito enormi, nelle città di Aleppo, Lattakia, Idlib, Hama, con centinaia di morti, dispersi e feriti, ed un numero imprecisato di sfollati (probabilmente decine di migliaia). Le numerose scosse seguite a quella principale rendono molto rischiosi i soccorsi. Chiaramente la situazione è resa ancora più drammatica dalla condizione in cui versa il Paese: 12 anni di guerra che hanno devastato l’economia, le istituzioni, le infrastrutture e la comunità, a cui si aggiunge una pesantissima crisi finanziaria. Più dell’80% della popolazione siriana vive in condizioni di povertà e nel Paese vi erano già più di 6 milioni di sfollati interni, causati dalla guerra, molti di essi stanziati proprio nell’area colpita dal terremoto. Un’area particolarmente fragile dove sono presenti ancora focolai di conflitto. In tutta l’area colpita dal sisma le condizioni metereologiche con neve e temperature sotto lo zero, rendono i soccorsi più complicati, acuendo la sofferenza e la paura della popolazione facendo temere per l’incolumità dei tantissimi sfollati.

Interventi in atto

  1. Le autorità locali

In Turchia le autorità locali si sono attivate immediatamente attraverso l’Agenzia Nazionale per la gestione dei disastri e delle emergenze (AFAD), attuando il piano di risposta previsto per le emergenze e organizzando incontri di coordinamento sia a livello nazionale che a livello provinciale. Sono state coinvolte molte organizzazioni in tutto il Paese per riuscire a raccogliere e organizzare le informazioni su danni a persone e infrastrutture e far partire la macchina dei soccorsi. Nella giornata si sono poi attivati diversi canali per l’aiuto nei soccorsi anche a livello internazionale, su richiesta del governo turco. In Siria non è facile al momento conoscere la risposta delle autorità governative siriane. Come detto il Paese vive ancora un durissimo conflitto armato dai contorni poco chiari.

La zona colpita è amministrata da vari attori:

  • il governo siriano di Damasco, ancora guidato da Bashar Al Assad, che controlla gran parte della regione, incluse le città di Aleppo, Lattakia, Hama;
  • Le autorità indipendenti dell’Amministrazione Autonoma del Nord-est, che controllano le regioni ad est dell’Eufrate;
  • Infine altre aree contese da vari attori, tra cui la regione di Idlib, l’antica Ebla, controllata da formazioni ribelli, che tuttora combattono su più fronti contro l’esercito di Assad che tenta di riconquistarla.

In questo quadro così complesso aumentano le difficoltà nella gestione delle operazioni di soccorso e di assistenza agli sfollati. Si presume che la zona sotto controllo governativo possa ricevere una maggiore assistenza, anche grazie alla presenza di agenzie delle Nazioni Unite e ONG internazionali. In questa regione sono in fase di allestimento centri di accoglienza per migliaia di persone, presso scuole e altri edifici pubblici di Aleppo, Lattakia ed Hama.

  1. La risposta di Caritas Turchia e Caritas Siria.

In Turchia Caritas Turchia, vista la delicata situazione geologica del paese già colpito da diversi terremoti, da un paio di anni ha avviato un processo di formazione sull’emergenza nominando un referente nazionale con il compito di coordinare la risposta sul territorio, soprattutto per i terremoti. Anche in questo caso ha immediatamente attivato il coordinamento con le autorità locali e con l’AFAD per raccogliere informazioni e organizzare la risposta. Il numero verde del centro d’ascolto è attivo a supporto della popolazione. Il Vicariato apostolico dell’Anatolia copre un’area molto vasta, la più colpita da questo terremoto, e la maggior parte delle sue strutture è fortemente danneggiata. Gli uffici della Caritas diocesana dell’Anatolia hanno subito danni rendendo complicata l’operatività. Il personale sta bene, ma purtroppo già si contano tra i morti alcuni beneficiari, volontari, familiari e amici. La Caritas diocesana dell’Anatolia, in coordinamento con le autorità locali e con Caritas Turchia, sta accogliendo gli sfollati in luoghi sicuri all’aperto, ha già distribuito 400 coperte e 100 pasti caldi per le persone sfollate e costrette a dormire fuori dalle proprie case. Presso l’episcopio sono stati messi a disposizione gli spazi all’aperto che al momento restano i più sicuri. È molto difficile riuscire a raggiungere la vasta area colpita, ma le diocesi di Izmir e Istanbul stanno sostenendo e raccogliendo materiali per inviare aiuti alla Regione dell’Anatolia. A poco più di 24 ore dal terremoto, Mons. Bizzeti, Presidente di Caritas Anatolia e della Caritas nazionale, riferisce che mancano acqua ed elettricità. Nell’immediato rimane vitale poter continuare a garantire luoghi sicuri con cibo, coperte e acqua potabile, beni di prima necessità, in particolare per l’infanzia. Anche uno degli ospedali è crollato. A maggior ragione è necessario organizzare i soccorsi nell’emergenza. Sul medio e lungo periodo sarà importante “pensare a progetti di più ampio respiro – ricorda ancora Mons. Bizzeti – che rispondano ai bisogni crescenti della popolazione locale nello spirito della Caritas, senza distinzioni e seguendo lo spirito di Cristo di servizio a tutti i fratelli”. Resta valido l’appello a non mobilitare beni materiali e persone, lasciando lavorare gli operatori già presenti in loco che hanno attivato prontamente tutti gli strumenti di coordinamento necessari. In Siria Caritas Siria era attiva in tutto il territorio colpito (ad eccezione della regione di Idlib) già prima del terremoto, con programmi di assistenza umanitaria (distribuzione di generi di prima necessità e sostegno finanziario) sanitaria e riabilitazione economica (sostegno finanziario e tecnico a piccole imprese familiari). Anche in Siria si scava sotto le macerie nella speranza di trovare sopravvissuti o di salvare i propri beni, sfidando la sorte a causa delle numerose scosse secondarie. L’assistenza ai moltissimi sfollati e feriti è ora la sfida principale, soprattutto per sopravvivere al rigido inverno del nord della Siria. Servono prima di tutto cure mediche per i feriti (medicinali, materiali e personale sanitario) e alloggi di emergenza, in grado di fornire un riparo il più confortevole possibile, cibo, acqua potabile e generi di prima necessità (coperte, indumenti pesanti, kit igienici…). In risposta al terremoto è stato attivato tutto lo staff che sta valutando la situazione per monitorare i bisogni e organizzare i primi aiuti. Nonostante le difficoltà, nelle aree non colpite dal terremoto sono disponibili la gran parte dei beni necessari. A partire da questa prima raccolta di bisogni sarà predisposto a breve un primo programma di risposta che verrà proposto per un sostegno alla rete Caritas internazionale. Molto probabilmente saranno incrementati i progetti in corso e sviluppate nuove attività in base ai bisogni rilevati e alle capacità di Caritas Siria, che già in passato ha gestito in questa regione progetti di accoglienza per gli sfollati della guerra, di assistenza sanitaria e riabilitazione psico-sociale. Nel medio-lungo periodo sarà importante un lavoro di ricostruzione delle abitazioni e delle infrastrutture e una riabilitazione economica, ma anche di sostegno comunitario e individuale, per una popolazione che ha sofferto davvero troppo. La rete Caritas internazionale sta organizzando dei team di supporto che affianchino le due Caritas nazionali nella gestione dell’emergenza, coinvolgendo operatori già basati nella regione che conoscono il contesto così delicato.

 
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