Traditio fidei dei diciottenni (21 dicembre 2018)

“Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. Questo l’elogio che Maria riceve dalla cugina Elisabetta. Per Elisabetta Maria è “fortunata” (questo è il significato dell’aggettivo “beato”) perché si è fidata del Signore, ha dato credito alla sua parola.

Cerchiamo di comprendere come si esprime la fede di una giovane ragazza, di nome Maria. Nell’episodio precedente, dopo aver ascoltato il saluto dell’angelo (“Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”), l’evangelista Luca ci informa che Maria “fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo”. Maria, udite quelle parole, non fa salti di gioia, non “si monta la testa”, ma resta molto turbata e si fa delle domande, cerca di comprendere il senso di quelle parole. E quando l’angelo, dopo averla rassicurata (“non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”), le annuncia che sarebbe diventata mamma del Figlio dell’Altissimo, Maria pone all’angelo una domanda cruciale, riguardo a come sarebbe accaduto tutto questo.

Di fronte alla risposta articolata dell’angelo su come avverrà il concepimento di Gesù (“Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”) e riguardo a quanto accaduto alla cugina Elisabetta, che, ritenuta da tutti sterile, era incinta, in tarda età, una risposta che lei non era in grado di verificare previamente, Maria comunica la propria disponibilità (“avvenga per me secondo la tua parola”).

Dalle parole di Maria emerge un primo tratto della sua fede. Quella di Maria è una fede che si pone domande e pone domande. Perché queste domande? Per comprendere. Maria non rinuncia a comprendere, a capire per questo si domanda e domanda. E quando riceve la risposta alle sue domande, si fida di chi gliele ha date, si fida del Signore

Maria s’interroga e interroga. Si trova di fronte all’imprevisto, incomprensibile in­tervento di Dio nella sua vita, tanto da doversi interrogare e porre una domanda al­l’angelo. La domanda dice che Maria “non comprende”, come le capiterà altre volte (cfr Lc 2,41ss; Gv 2,4; 19,26). L’atteggiamento di Maria è diverso da quello di Zaccaria, che pure lui interroga l’angelo («Ma come è possibile questo?», Lc 1,18): cerca di capire, aspetta di capire senza ribellione; la sua richiesta esprime una fede che interroga, fa domande, chiede spiegazioni, ma nella fede, non nel dub­bio, nella paura, che, invece, in Zaccaria, portano a domandare un segno rassicu­rante.

La fede non chiede di rinunciare a comprendere, a capire, per questo cerca, pone domande con fiducia, non per rafforzare il dubbio, ma per comprendere e riesce a comprendere quando dà credito al Signore, il quale può rispondere alle nostre domande in tanti modi.

Un secondo tratto della fede di Maria lo ritroviamo nel brano del vangelo appena letto, nel viaggio di Maria da casa sua alla casa della cugina Elisabetta. Quel viaggio Maria lo intraprende subito, va’ di fretta. In quel viaggio che Maria fa per stare vicina alla cugina Elisabetta, per aiutarla nella sua gravidanza avanzata (ha saputo dall’angelo che è al sesto mese), Maria porta Gesù e in qualche modo si lascia portare da Gesù. Maria non se ne sta a casa propria, esclusivamente preoccupata per gli inizi della sua gravidanza, o per godersi quanto l’angelo le aveva comunicato, ma va da chi ha bisogno del suo aiuto.

La fede ci mette in viaggio, dalla nostra casa della esclusiva preoccupazione per la nostra persona, per la nostra vita, alla casa di chi ha bisogno del nostro aiuto, della nostra solidale vicinanza. In questo modo noi portiamo Gesù, colui che dà speranza alla nostra vita.

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