Tutti i Santi (1 novembre 2020)

Almeno due testi della liturgia della solennità dei Santi parlano della speranza. La vita c’insegna che senza una solida speranza non siamo in grado di affrontarla, soprattutto quando presenta situazioni impegnative o quando ci riserva drammatiche sorprese, come la pandemia da Covid 19, che da qualche mese ormai ci sta colpendo senza esclusioni di colpi e senza fare sconti.

E proprio da qualche mese ci ritroviamo spesso a fare ricorso alla speranza: speriamo che questa pandemia passi, che si trovi in fretta un efficace vaccino, speriamo di non rimanere contagiati e speriamo che il conto che questa pandemia ci sta presentando (in campo economico, sociale e affettivo) non si troppo pesante e che riusciamo a saldarlo. Mai come in questi tempi la speranza ci appare  necessaria e mai come in questi tempi temiamo che le nostre speranze non abbaino sufficiente forza per sostenerci, anche negli impegnativi sacrifici che ci sono richiesti.

I due testi che parlano della speranza penso che rappresentano una solida base per la nostra speranza, non solo per l’emergenza Covid, ma anche per l’intera esistenza.

L’apostolo Giovanni, nel brano della sua prima Lettera proposto dalla seconda lettura (1Gv 3,1-3), dopo averci invitato a prendere in considerazione quanto stiamo a cuore a Dio, quanto siamo amati da lui («vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente»), dopo averci ricordato che questo amore ci consentirà di stare alla sua presenza, di comunicare con lui («noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è»), conclude che: «Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro».

Una speranza, come questa che ha in Dio, nel suo amore per noi, una solida e affidabile garanzia, è in grado di sostenere il nostro impegno nel governare l’esistenza, perché sia un’esistenza guidata dall’amore, capace di corrispondere all’amore che Dio ha per noi e che, come scrive l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani, lo Spirito Santo “ha riversato nei nostri cuori” (Rm 5,5).

Nel Prefazio si parla di noi che “pellegrini sulla terra”, che affrettano nella speranza il proprio cammino verso quella “patria comune”, dove “l’assemblea festosa dei nostri fratelli (i santi) glorifica (celebra, dà lode, manifesta) il nome di Dio (il suo amore)”. Sempre nel Prefazio si dice che Dio ci ha donato questi nostri fratelli (i santi) come “amici e modelli” nel nostro cammino della vita, quello che ci condurrà alla “città del cielo, la santa Gerusalemme (il Paradiso, la casa di Dio e dei suoi figli”), che oggi possiamo “contemplare nella gioia”.

I Santi sono “modelli” di un’esistenza condotta con una speranza forte nella fedeltà di Dio, al suo amore per noi, alle sue promesse; una speranza più forte di tante prove e, per molti di essi, delle violenze inflitte, fino a togliere loro la vita. Una speranza così pervasiva da sostenere nell’impegno a dare alla propria esistenza la forme di una vita filiale, disponibile all’amore di Dio e capace di offrire amore.

I Santi sono nostri “amici”, perché ci sollecitano ad agire come loro, ad accogliere l’amore di Dio, a contare su questo amore, a porre la nostra speranza in questo Dio che ci ama così tanto e con così grande magnanimità e fedeltà.