V domenica Tempo Ordinario (6 febbraio 2022)

I tre testi della parola di Dio appena proclamati raccontano una “storia” che un futuro profeta – Isaia – (cfr prima lettura, Is 6,1-2a.3-8), un ex persecutore dei cristiani – Paolo – (cfr seconda lettura, 1Cor 15,1-11) e un pescatore stanco e amareggiato – Pietro – (cfr vangelo, Lc 5,1-1) hanno con Dio.

Isaia, Paolo e Pietro “hanno una storia” con Dio. “Avere una storia” con qualcuno è l’espressione che segnala una relazione di affetto, non banale, seria e importante (almeno fino a che la relazione dura).

Questa “storia con Dio”, vissuta dai tre sorprende e rassicura al tempo stesso.

Sorprende il fatto che Dio non sceglie le migliori persone in circolazione per un compito impegnativo: essere suo portavoce per Isaia (“Chi manderò e chi andrà per noi?”); annunciatore del vangelo di suo Figlio Gesù per Paolo (“Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che è apparso a Cefa e quindi ai Dodici.), “pescatore di uomini” per Pietro (“Non temere; d’ora in poi sarai pescatori di uomini”), ma persone, che, per loro stessa ammissione, non si ritengono all’altezza della fiducia di Dio e del compito loro assegnato.

Il primo si riconosce un “uomo dalle labbra impure”, non si considera migliore degli altri (“in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito”); il secondo confessa di essere “ultimo fra tutti”, addirittura “un aborto”, “non degno di essere chiamato apostolo” perché “ha perseguitato la Chiesa di Dio”; il terzo dichiara di essere un “peccatore”.

Sorprende anche la schiettezza (nel linguaggio moderno “l’onestà intellettuale”) dei tre: non barano, non fanno carte false per apparire persone affidabili, all’altezza di un compito così prestigioso.

A rassicurarci è anzitutto il fatto che Dio non  lascia soli Isaia, Paolo e Pietro, ma li mette in condizione di compiere il compito loro assegnato: un angelo toglie di mezzo la colpa che rende impuro Isaia (“Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò le labbra e disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato”); la grazia di Dio accompagna e assicura il buon esito del ministero di Paolo (“Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in men on è stata vana”); Gesù incoraggia Pietro a non lasciarsi vincere dalla sua povertà (“Non temere…”).

Ci rassicura anche la piena disponibilità dei tre interpellati: Isaia risponde con decisione alla domanda del Signore (“Eccomi, manda me!”); Paolo tramette ai cristiani di Corinto il vangelo ricevuto (“Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato”); Pietro, prima decide di tornare a pescare (“sulla tua parola getterò le reti”), poi lascia tutto e segue Gesù (“E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”).

Anche a noi Dio propone di “avere una storia con lui”. Una decisione che ha preso fin dal primo istante della nostra esistenza, che costituisce addirittura la ragione del nostro esser nati: desidera legarsi a noi con l’amore di cui lui è capace e del quale ci ha parlato molto bene Gesù con la sua vita, raccontata dai vangeli.

Anche noi non siamo stati scelti da Dio perché i migliori in circolazione, per affidarci la sua parola, il vangelo di Gesù da testimoniare e per coinvolgerci in una “pesca” che strappi gli uomini dal potere devastante delle onde del male.

Isaia, Paolo e Pietro ci sollecitano a non aver paura di segnalare a Dio i seri motivi che ci impediscono di vivere appieno la storia con lui, di testimoniare il suo Vangelo, di farci carico delle persone: le nostre tante fragilità, le nostre paure e resistenze alla sua parola, le nostre infedeltà.

La vicenda di Isaia, di Paolo e di Pietro documenta cosa riesce a fare la parola del Signore quando è accolta con fiducia, quando le viene dato credito: ci fa uscire dalla nostra fragilità, ci fa ripartire dopo le nostre sconfitte, ci apre un futuro diverso da quello che le situazioni personali e quelle della vita ci prospettano.

Per questo nella preghiera che ha preceduto l’ascolto della parola di Dio, dopo aver riconosciuto che Dio “ha affidato alle nostra labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di annunciare il vangelo” (abbiamo cioè riconosciuto che Dio ha coraggio nell’affidare a noi il compito di dire la buona notizia del suo amore per ogni uomo!), gli abbiamo chiesto di “sostenerci con il suo Spirito” (di non lasciarci soli in questa avventura), perché la sua parola trovi accoglienza e sia messa in condizione di portare frutto in ogni parte della terra, nella vita di ogni persona.