Isaia (cfr prima Lettura, Is 6,1-2a.3-8), Paolo (cfr seconda Lettura, 1Cor 15,1-1) e Pietro (cfr Vangelo, Lc 5,1-11), da come parlano di sé non risultano le persone più indicate per collaborare con il Signore.
Il primo si sente perduto, un “uomo dalle labbra impure”, non si considera migliore degli altri (“in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito”); il secondo confessa di essere “ultimo fra tutti”, “un aborto”, “non degno di essere chiamato apostolo”; il terzo dichiara di essere un “peccatore”.
Dalle loro ammissioni risultano persone non all’altezza di quanto il Signore propone loro.
Eppure a tutti e tre il Signore affida un compito grande, decisivo: al profeta Isaia di operare per lui, in nome suo; a Paolo di trasmettere il vangelo di Gesù e a Pietro di diventare “pescatore di uomini”.
L’affidamento del compito è accompagnato dall’offerta di un aiuto che crea le condizioni di accoglienza e di praticabilità del compito stesso: un angelo toglie di mezzo la colpa che rende impuro Isaia; la grazia di Dio accompagna e assicura il buon esito del ministero di Paolo; Gesù incoraggia Pietro a non lasciarsi vincere dalla sua povertà.
L’offerta del Signore viene accolta e creduta: Isaia risponde con decisione alla domanda del Signore («Eccomi, manda me!»); Paolo tramette ai cristiani di Corinto il vangelo ricevuto; Pietro, prima torna a pescare, poi lascia tutto e segue Gesù.
Ci riconosciamo nelle parole e nel disagio di Isaia, Paolo e Pietro, perché anche a noi capita di sentirci inadeguati, non all’altezza di quanto il Signore ci chiede: di parlare di lui, di testimoniare il suo Vangelo, di farci carico delle persone.
La vicenda di Isaia, di Paolo e di Pietro documenta la fiducia del Signore nei nostri confronti, una fiducia che non viene ritirata nemmeno di fronte alle nostre inadeguatezze; racconta cosa riesce a fare la parola del Signore quando è accolta con fiducia, quando le viene dato credito: ci fa uscire dalla nostra fragilità, ci fa ripartire dopo le nostre sconfitte, ci apre un futuro diverso da quello che le situazioni personali e quelle della vita ci prospettano.
Per questo nella preghiera che ha preceduto l’ascolto della parola di Dio, dopo aver riconosciuto che Dio “ha affidato alle nostra labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di annunciare il vangelo” (abbiamo cioè riconosciuto che Dio ha coraggio nell’affidare a noi il compito di dire la buona notizia del suo amore per ogni uomo), gli abbiamo chiesto di “sostenerci con il suo Spirito” (di non lasciarci soli, con la nostra inadeguatezza, in questa avventura), perché “la sua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra”, nella vita di ogni persona.