XIII domenica Tempo Ordinario (2 luglio 2023)

La prima reazione di fronte alle parole di Gesù probabilmente non è positiva. Quelle di Gesù, con la loro perentoria richiesta (o me o le persone che vi sono care), con l’avvertimento che sembra una minaccia (“Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà”) e con le condizioni che impongono (se vuoi salvare la vita “perdila per causa mia”), non appaiono parole immediatamente rassicuranti e convincenti. Il rischio è che di fronte a queste parole ci chiudiamo in difesa, come facciamo di fronte alle parole scomode che ci turbano, ci inquietano, ci infastidiscono. E la difesa può essere quella di ritenere le parole di Gesù esagerate, troppo esigenti, impraticabili, alla fine, anche un po’ ingiuste e fuori tempo (oggi la si pensa diversamente).

Proviamo a stare di fronte a queste parole senza cedere troppo in fretta alla paura e al fastidio, senza difenderci. Ci poniamo alcune domande: perché Gesù parla così? Che intenzioni ha? Che cosa gli sta veramente a cuore?

Sappiamo che a Gesù sta a cuore la nostra vita, la mia vita: quello che ci dice non è per salvare la sua reputazione di “Salvatore”, né per affermare il suo primato o rivendicare un’attenzione esclusiva, ma per “salvare” la nostra vita, cioè per evitare che la nostra esistenza conosca il fallimento, percorra strade deludenti, per evitare che il nostro desiderio di non perdere la vita non risulti irrimediabilmente frustrato.

Proprio perché gli sta a cuore la nostra vita, Gesù ci rivolge queste parole “scomode”. Anzitutto ci propone di scegliere lui, come il bene più grande, il tesoro da privilegiare nella nostra considerazione. Non è la prima volta che avanza questa proposta, lo aveva già fatto con due brevissime parabole che parlavano di un tesoro scoperto in un campo e di una perla di grande valore, che avevano convinto un contadino e un mercante di perle a vendere tutti i propri beni per entrare in loro possesso (cfr Mt 13,44-46)

Gesù non vuole derubarci delle relazioni buone che rappresentano una risorsa decisiva per l’esistenza (quelle con il padre e la madre, con il figlio e la figlia…), ma metterci in condizione di apprezzarle, di conservarle nella loro bontà, di viverle in pienezza.

Ci mette in guardia poi dall’inganno di pensare di dare sicurezza alla nostra vita, di assecondare il nostro desiderio di una vita bella, buona e felice, occupandoci esclusivamente di noi stessi, della nostra esistenza. Un inganno che trova un alleato prezioso in tanti stili di vita oggi reclamizzati.

Infine ci propone di investire la vita su di lui, di viverla per Lui (“per causa mia”), imparando da Lui, facendo come a fatto Lui, condividendo quanto sta a cuore a Lui, valutando le cose e le persone dal suo punto di vista, secondo i suoi criteri.

La proposta di Gesù va controcorrente, perché nella considerazione di molti oggi sembra rappresentare un investimento perdente dell’esistenza. Come non cedere a questa considerazione?

Proviamo osservare quanto è successo a Gesù: proprio perché Gesù non ha trattenuto a tutti i costi la vita presso di sé, non ha cercato esclusivamente il proprio vantaggio, il proprio interesse (S. Paolo scrive nella Lettera ai Filippesi: «Non ritenne un privilegio l’essere come Dio», 3,6) ha sconfitto la morte, non solo per se stesso, ma anche per noi. E’ quanto ci ricorda l’apostolo Paolo nella seconda lettura (Rm 6,3-4.8-11): “la morte non ha più potere su di lui” e “anche noi possiamo camminare in una vita nuova”, la vita dei risorti come Gesù.

Paolo ci ricorda che questo può accadere anche a noi, perché all’inizio della nostra esistenza è accaduto un fatto decisivo: il battesimo che altri hanno chiesto per noi ci ha legati per sempre a Gesù, a tal punto che quanto è accaduto nella sua vita, può accadere anche a noi, nella nostra vita, che cioè la morte non può rivendicare alcun potere su di noi e che noi siamo persone “viventi in Dio”, grazie a Gesù (“in Cristo Gesù”).

Il legame con Gesù, avviato dal Battesimo, trova conferma e riceve vigore nell’Eucaristia che stiamo celebrando, come ci ricorderà la preghiera conclusiva della celebrazione, dove  chiederemo al Signore che “l’Eucaristia che abbiamo offerto e ricevuto sia per noi principio di vita nuova (quella avviata dal Battesimo), perché, uniti a te nell’amore, portiamo frutti che rimangano per sempre” (quelli di un’esistenza che non è andata perduta, perché vissuta nella sequela di Gesù).

E questo si realizza veramente se diamo credito, quello della fede, alle parole di Gesù, a tutte le sue parole, anche a quelle che risultano scomode, ci inquietano. Sappiamo che tale credito non è sempre facile, per questo nella preghiera iniziale abbiamo chiesto a Dio Padre “la sapienza e la forza del suo Spirito, perché camminiamo con Cristo sulla via della croce, pronti a far dono della nostra vita”.

Quello che abbiamo chiesto oggi lo dovremmo richiedere ogni volta che siamo tentati di provvedere a modo nostro alla vita che ci è stata donata o dubitiamo dell’affidabilità di Gesù e delle sue parole.

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