XIX domenica Tempo Ordinario (7 agosto 2022)

“Tenetevi pronti perché nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’uomo”. Gesù, per rendere ancora più persuasivo il suo avvertimento, fa ricorso all’immagine del ladro che, senza alcun preavviso, s’introduce in una casa per “scassinare”.

Come considerare l’avvertimento di Gesù? Come una minaccia per mettere paura, in riferimento soprattutto al fatto che il Figlio dell’uomo potrebbe comportarsi come un ladro che giunge senza preavvisare e ci porta via la vita o come una premurosa sollecitazione alla vigilanza?

L’intero brano evangelico (Lc 12,32-48) ci offre le ragioni per non considerare l’invito di Gesù come una minaccia da temere.

Proprio la prima parola che Gesù rivolge ai discepoli è un invito a non lasciare spazio alla paura (“Non temete”), accompagnato da una persuasiva ragione: a Dio Padre fa piacere offrire agli amici di suo Figlio il proprio amore pieno si sollecitudine nei loro confronti (il Regno).

Gesù indica poi un’altra ragione per non reagire al suo invito con paura: lui, il Figlio dell’uomo, non viene come un ladro per rubare la vita, ma come un “padrone” che “farà mettere a tavola i suoi servi fedeli e passerà a servirli lui stesso”, si farà loro servitore alla mensa dell’amore del Padre.

Al riparo dalla paura siamo in grado di accogliere i suggerimenti di Gesù. Il primo riguarda l’investimento del cuore su un tesoro che non si logora come una borsa e che non corre il rischio di essere rubato dai ladri. Al riguardo di questo investimento del cuore il suggerimento di Gesù è molto concreto: si tratta di praticare l’elemosina che consente di condividere i propri beni con chi è povero e ha bisogno di aiuto.

Un secondo suggerimento: alimentare l’attesa del Signore, dell’incontro con Lui. Se il Padre desidera renderci partecipi del suo amore, se Gesù non viene come un ladro per derubare, non c’è motivo di temere l’incontro con loro, un incontro preparato già durante la nostra vita sulla terra e che un giorno si compirà pienamente e definitivamente. Si tratta di imparare a considerare la morte, nostra e quella delle persone care, pur nella sua drammaticità e nel dolore che procura, non come irreparabile sventura, ma momento del nostro incontro definitivo e pacificante con il Signore risorto.

Infine il suggerimento di condurre la vita come persone “a servizio”, come amministratori fidati e prudenti dei tanti beni che la vita ci mette a disposizione e non come persone che si servono degli altri o che dissipano i beni della vita.

La parola di Gesù proclamata nel vangelo giustifica la richiesta che abbiamo rivolto, nella preghiera della Colletta, al Dio fedele alle sue promesse: «donaci di vivere come pellegrini in questo mondo, affinché, vigilanti nell’attesa, possiamo accogliere il tuo Figlio nell’ora della sua venuta».

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