Al centro del racconto evangelico troviamo Gesù che si prende cura dei discepoli, al loro ritorno dalla predicazione nei villaggi vicini e che si prende cura della grande folla che accorre a lui. Quello di cui ci parla l’evangelista Marco è un Gesù attento alle persone. Gesù si prende cura dei discepoli che vede stanchi e li invita a riposarsi con lui, in disparte. Nei confronti della folla “prova compassione” e rivolge la sua parola che dà conforto e speranza. Più avanti nel racconto offrirà anche il pane.
La segnalazione che Gesù “ebbe compassi0one” alla vista della folla sbandata come un gregge che non ha più un pastore che lo guidi e quanto accade di conseguenza, è importante perché non fa riferimento tanto a una semplice reazione emotiva di Gesù, forte, ma superficiale, di breve durata (come sono spesso i nostri sentimenti di compassione), ma un profondo sconvolgimento di Gesù, uno sconvolgimento “viscerale” di fronte a quello che vede. «Questo verbo unico (=essere preso alle viscere) esprime tutta la missione di Gesù. Nelle Scritture questo verbo (…splanghnizestai) viene usato quasi esclusivamente per Dio e rende il suo sentimento materno di compassione davanti a chi è vittima nella storia. Anche ciò che un uomo sente nelle sue viscere coincide con ciò che freme come pietà e misericordia nelle viscere di Dio. Il racconto evangelico testimonia che l’attributo divino della misericordia (rakhamin…) è entrato nella storia nella persona di Gesù»[1].
Nella preghiera che ci ha introdotto all’ascolto della parola di Dio abbiamo chiesto al Padre di «gustare nella parola e nel pane di vita la presenza del suo Figlio, perché riconosciamo in lui il vero profeta e pastore, che ci guida alle sorgenti della vita eterna». Se non vogliamo che la richiesta sia solo un esercizio verbale, ma si realizzi nella nostra vita lasciamoci guardare dal Signore con quella compassione di cui lui solo è capace e accogliamo il suo invito a riposare in disparte, con Lui, già a partire da questa eucaristia. Consentiamo al Signore di “ri-posarci”, di collocarci in una posizione nuova riguardo a noi stessi, al modo con cui conduciamo la nostra vita, ci occupiamo delle tante cose che riempiono le nostre giornate, viviamo il rapporto con Dio, le relazioni con le persone.
Proprio riguardo alle relazioni con le persone l’apostolo Paolo nella seconda lettura, ci dice che Gesù abbatte i muri che separano, dividono, creano inimicizia, per creare rapporti nuovi, di riconciliazione, di comunicazione. Sono proprio le nostre relazioni che spesso ci affaticano, appesantiscono il nostro cuore e amareggiano i nostri giorni, ci fanno sentire un po’ allo sbando.
Se in questo momento della nostra vita ci sentiamo affaticati e delusi per qualche nostra relazione ferita, accogliamo l’invito di Gesù e consentiamo a lui di eliminare dal nostro cuore tutto ciò che innalza barriere e divide.uesi sentimenti, pensieri, proprositi
[1] B. STANDAERT, Marco vangelo di una notte, vangelo per la vita II, EDB 2011, 379.