XXIX domenica Tempo Ordinario (16 ottobre 2022)

“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. La domanda di Gesù è seria, preoccupata (da parte di Gesù) e preoccupante (per noi), perché lascia intravedere la possibilità e/o il timore che quando Lui, il Figlio dell’uomo, tornerà per condurre l’umanità con sé, presso Dio Padre, a partecipare alla sua risurrezione, non trovi nessuno ad attenderlo, trovi uomini e donne che si occupano d’altro, che pongono la speranza della propria vita in altro o in altri, o perché hanno perso la fiducia in Dio, nella sua capacità di “fare giustizia” di fronte alle innumerevoli e pesanti ingiustizie che attraversano e avvelenano la storia umana o perché continuano a pensare che si può vivere bene anche senza investire in Gesù Cristo la propria speranza.

Le indagini sociologiche, almeno quelle che riguardano l’Europa, sembrano confermare il timore di Gesù, perché ci parlano di un caduta a picco della pratica della fede: sempre più persone conducono di fatto la propria vita come se Dio non esistesse. Le notizie di cronaca documentano poi un’aggressione del male sempre più estesa e difficile da arginare

Noi siamo tentati di pensare che la domanda di Gesù non ci riguarda direttamente, perché siamo qui a celebrare l’Eucaristia, perché preghiamo Dio, anche se a volte con un certo affanno e forse anche con poca fiducia. Non liquidiamola troppo in fretta come domanda rivolta ad altri, ma consentiamo al Signore di sollecitarci a fare il punto sulla nostra fede.

I testi della parola di Dio ci rimandano a due gesti che alimentano la fede cristiana: la pratica della preghiera e l’ascolto della S. Scrittura.

Nel vangelo (Lc 18,1-8) Gesù ci sollecita a “pregare sempre, senza stancarsi mai”, giustificando l’invito con l’intenzione di Dio di “fare giustizia e di non far aspettare a lungo chi grida giorno e notte verso di lui”. Dalle parole di Gesù emerge che Dio non “cede” alle nostre richieste, per non essere più importunato da noi, come il giudice della parabola, infastidito dalle pressanti richiesta di giustizia da parte di una vedova che viveva nella sua stessa città, ma che sembra aver fretta di assecondare le nostre domande, di prendersi cura di noi. Si tratta allora di rivolgere la nostra preghiera a Dio con frequenza, non per strapparGli ciò che ci sta particolarmente a cuore, ma per consentirGli di prendersi cura di noi, di offrirci il suo aiuto di cui abbiamo bisogno per non soccombere al male che minaccia il mondo e la nostra vita, per restare fedeli nel servizio al bene (come recita la Colletta).

Nelle parole che Paolo rivolge al discepolo e amico Timoteo (2Tm 3,14-4,2) scopriamo il decisivo apporto della S. Scrittura nel formazione dell’ “uomo di Dio” (che non è solo il prete, ma ogni credente). La provenienza delle S. Scrittura da Dio (“ispirata da Dio”), consente a questo libro di “insegnare, convincere, correggere ed educare alla giustizia”, perché ogni credente sia messo nella condizione di compiere ogni opera buona.

Le parole di Gesù, in particolare la sua domanda, ci chiedono di verificare se la nostra è una preghiera costante e sostenuta dalla stessa fiducia in Dio del salmista, come è mostrata nel salmo responsoriale (120), dove chi sta pregando dichiara che “il suo aiuto viene dal Signore” e ci assicura che il Signore è “il custode della nostra vita”, che “ci custodisce da ogni male”; la fiducia di chi sa che Dio non instaura con i suoi figli che si rivolgono a Lui un estenuante braccio di ferro nelle resistere alle loro richieste.

Le parole di Paolo ci chiedono di verificare la nostra frequentazione del libro delle Scritture sante, se l’ascolto che riserviamo alla Parola di Dio ci forma come uomini e donne “di Dio”, uomini e donne ben preparati, disponibili per le opere buone che Dio Padre si attende da noi e che Gesù ci segnala nel Vangelo.

La pratica frequente di una preghiere fiduciosa e un ascolto della parola di Dio che le consente di educarci come credenti che operano con fiducia anche dentro una storia che appare sempre più in balia del male, ci consentiranno di “crescere nel servizio del bene”, nell’attesa dell’ora, quella della venuta di Gesù, in cui Dio “farà giustizia ai suoi eletti” che si rivolgono a lui senza perdersi d’animo.